A prima vista lo Château de Vincennes, in questo periodo straordinariamente caldo, assomiglia a una landa desolata: il sole splende impietoso sulle pietre chiare, segnando un confine netto tra ciò che è già stato ammirabilmente restaurato e quello che ancora necessita di lavori, brucia l’erba dei prati un po’ trasandati e arroventa i piazzali, rendendo la vita difficile al povero visitatore che si è avventurato fin qui in una stagione così poco propizia alle passeggiate culturali.
In realtà, queste mura massicce nascondono tesori impensabili e non parlo di mobilio o quadri preziosi, di cui niente è sopravvissuto a guerre e rivoluzioni, ma mi riferisco piuttosto alla storia che da qui è passata.
Ma perché questi tesori diventino nostri, però, non basta aggirarsi tra le stanze silenziose del dongione o alzare lo sguardo sulle vetrate policrome della cappella reale.
Quello che serve realmente è abbandonare per un momento i nostri abiti di uomini moderni e indossare le vesti dei re che hanno costruito questa fortezza: solo così ci sarà possibile ascoltare quello che le spesse pareti raccontano (per un tour in immagini molto suggestivo cliccate qui).
Al tempo dei re Capetingi qui c’era solo una grande foresta ricca di selvaggina. Louis VII, verso la fine del suo regno, fece costruire una residenza reale là dove prima esisteva solo un casotto di caccia.
La posizione era strategica: vicinissima a Parigi e a due antiche strade romane che conducevano una alla capitale, una a Sens, e in prossimità di due vie d’acqua formidabili, la Senna e la Marna, che trasportavano facilmente merci e uomini.
Fu solo, però, nel secolo successivo con Louis IX che lo Château de Vincennes divenne un luogo privilegiato di residenza, secondo solo al Palais de la Cité a Parigi.
Qui “riposarono” le reliquie della Santa Croce, che il re santo aveva acquistato dall’imperatore di Costantinopoli, prima di giungere solennemente nella capitale, dove a fianco del suo palazzo Louis IX aveva fatto costruire uno scrigno prezioso degno di ospitarle, la Sainte Chapelle.
Ma qualche frammento staccatosi dalla Corona di spine e uno della Vera Croce rimasero a Vincennes per volere del re, segno dell’importanza che attribuiva a questo castello.
Il primo sovrano a risiedervi stabilmente fu Charles V, ma non per l’amenità dei luoghi o l’aria pura che vi si respirava.
Quando il padre fu catturato dagli inglesi (siamo in piena guerra dei cent’anni) e il Prevosto dei mercanti di Parigi Étienne Marcel sollevò la popolazione per sbarazzarsi di lui, giovane e inesperto successore, quando, come se non bastasse, scoppiarono rivolte nelle campagne, dove i contadini erano vessati dai costi della guerra e dalla peste, Charles V sentì il bisogno di fare dello Château de Vincennes una fortezza dove soggiornare al sicuro.
Nel 1361 avviò la costruzione del dongione, che fu completato in soli nove anni, nel 1370. Protetto da mura proprie e da un suo fossato era assolutamente inespugnabile.
Questo re colto e molto pio, che fondò la prima biblioteca reale, antenata dell’attuale Biblioteca nazionale di Francia, nel suo dongione custodiva il tesoro reale: non solo gioielli e monete, armi e stoffe pregiate, ma soprattutto preziosissimi manoscritti, di cui divenne il più illustre collezionista dell’epoca.
Appena salirete al primo piano comprenderete immediatamente la prodezza architetturale di questa torre alta cinquanta metri: poggia interamente sulla colonna centrale, che l’attraversa in tutta la sua altezza, coadiuvata da una struttura in “pietra armata”, cioè rinforzata da barre di ferro di vario spessore.
Ma quello che vi colpirà di più saranno i colori sbiaditi delle crociere, decori di un tempo lontano e le mensole che le chiudono, che nelle stanze centrali sono le stesse per ogni piano: le figure dei quattro evangelisti agli angoli e due profeti al centro, a rappresentare il Vecchio e il Nuovo Testamento, segno inconfondibile della devozione del sovrano, re per volontà di Dio.
Vi chiederete che cosa siano tutti quei graffiti nelle stanze laterali e i volti dipinti e le cupole di immaginarie cattedrali: questa torre, in un tempo in cui al re di Francia non occorreva più chiudersi qui dentro per proteggersi, divenne prigione per detenuti di rango.
Così nello Château de Vincennes coabitavano il sovrano e la sua corte, alloggiati negli eleganti padiglioni aggiunti nel XVII secolo, e i prigionieri del re nell’antico e spartano dongione: qui “soggiornarono” tra gli altri il futuro Henri IV, primo dei re Borbone, quando era solo re di Navarra e capo dei protestanti durante le guerre di religione, Henri II de Condé, detto il gran Condé per le sue eroiche vittorie al comando delle truppe del re Sole, di cui era cugino di primo grado, perché aver attivamente partecipato alla Fronda e qualche anno più tardi Nicolas Fouquet, il famoso sovrintendente alle finanze di Louis XIV, arrestato da D’Artagnan a Nantes per supposte malversazioni, ma che in realtà pare avesse suscitato la gelosia di molti e non ultima quella del suo potente sovrano.
In tempi più recenti Mirabeau, il marchese de Sade e Diderot furono ospiti della torre, assieme a molti altri sconosciuti, che hanno voluto lasciare traccia del loro passaggio sui muri.
In effetti non era difficile essere “invitati” allo Château de Vincennes: bastava una semplice lettera del sovrano, la tristemente famosa lettre de cachet, che raccomandava caldamente all’interessato un soggiorno nel dongione; soggiorno di cui si conosceva l’inizio ma non la fine, che restava a discrezione del re. Tempi duri per i liberi pensatori…
Prendetevi il vostro tempo per esplorare questa fortezza nella fortezza e non dimenticate il cammino di ronda, che conserva ancora qualche rara traccia delle pitture di un tempo e quando sarete sazi di architettura militare, potrete passare a quella religiosa attraversando il piazzale per dirigervi verso la Chapelle Royale, che si innalza solitaria verso il cielo con i suoi eleganti contrafforti e i raffinati intrecci gotici.
L’interno di un bianco accecante, i colori intensi delle alte vetrate e l’arredo rigoroso vi catapulteranno in un’altra epoca.
E dopo aver assaporato la piacevole sensazione di viaggiare nel tempo, dedicatevi ai piccoli dettagli ricercati, come le acquasantiere o le mensole scolpite, “leggete” le storie che raccontano le vetrate nel loro linguaggio antico (quelle del coro sono tratte dall’Apocalisse di San Giovanni) e alzate lo sguardo al soffitto per decifrarne i monogrammi (cosa che forse farete più agevolmente raggiungendo la tribuna attraverso le scale a lato dell’ingresso).
Noterete tra gli altri la H e la K di Henri II e Caterina de Medici, accompagnate da un malizioso crescente di luna, che evoca l’ingombrante presenza di Diana di Poitiers, amante del re ed eterna rivale della regina.
Ai lati dell’altare ci sono l’oratorio del re e quello della regina e il monumento funebre al duca d’Enghien, fucilato un po’ troppo rapidamente nei fossati del castello per rappresaglia a un attentato realista contro Napoleone.
Il Centre des monuments nationaux, che gestisce lo Château de Vincennes, organizza delle visite guidate (in francese) del dongione e della cappella più volte al giorno e con minore frequenza una visita alle parti alte, che includono la grande terrazza da cui si gode una straordinaria vista di Parigi.
Purtroppo non c’è modo di conoscere gli orari in anticipo (nonostante da tempo esista internet) e l’unico modo per informarsi è quello di chiedere alla biglietteria del castello e aspettare fiduciosi. Allo shop c’è comunque modo di intrattenersi piacevolmente e magari leggere qualcosa prima di affrontare la visita.
Sembra impossibile, ma con un breve tragitto sulla linea 1 del métro (tra le più affollate e scomode della capitale, ahimè) e un biglietto di corsa semplice, il medioevo spalanca le sue porte davanti a noi e ci svela molti dei segreti che custodisce tra le mura di questa fortezza un tempo inespugnabile, che ha visto molti grandi della storia calpestare i suoi viali polverosi. E allora, che state aspettando? Che il viaggio abbia inizio!
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