Il pont Alexandre III non passa certo inosservato. Lo si vede brillare da lontano, mentre sfoggia vanitoso i suoi ori al sole. Lo si riconosce tra tutti, grazie ai quattro monumentali piloni che si ergono impettiti alle estremità. Eccessivo, un po’ eccentrico forse, ma assolutamente unico, il pont Alexandre III è il ponte per eccellenza di Parigi.

E se Woody Allen l’ha scelto per la scena finale di quel capolavoro che è Midnight in Paris, ci sarà pure un motivo.
Qualunque cosa pensiate del pont Alexandre III, sia che lo consideriate magnifico, oppure un inno al kitch più sfacciato, dovrete comunque ammettere che l’originalità non gli fa difetto.

Una visita frettolosa
Di solito, quando lo si attraversa, ci si sente sopraffatti dalla profusione di decori: ornamenti, statue e abbellimenti vari ci stordiscono a tal punto che l’unica cosa che riusciamo a osservare con attenzione sono i lampioni e la splendida prospettiva che creano uno di seguito all’altro.
Così, tra un’occhiata alla Tour Eiffel, che svetta tra i palazzi sicura del suo fascino, uno sguardo estasiato all’Hôtel des Invalides, che ruba la scena “coté rive gauche” o al Petit e Grand Palais sulla rive droite, e magari una sbirciatina agli abiti vaporosi delle spose, che vengono qui da ogni angolo del mondo per rendere indimenticabili le foto delle loro nozze, finisce che ci troviamo sull’altro lato del fiume senza neanche essercene accorti.

È un peccato, perché il pont Alexandre III ha molto da raccontare.
Un patto franco-russo
È risaputo che il ponte più decorato di Parigi fu inaugurato in occasione dell’Esposizione universale del 1900, ma forse non tutti sanno che la sua costruzione fu decisa per suggellare l’alleanza militare ed economica tra Francia e Russia, stipulata quasi dieci anni prima, nel 1891, e firmata dallo zar Alexandre III in persona, assieme al presidente della Repubblica francese Sidi Carnot.
Lo zar, purtroppo, morì prima che iniziasse la costruzione del ponte a lui dedicato. Toccò al suo successore, il figlio Nicolas II, porre nel 1896 la prima pietra di quest’opera altamente simbolica, che riunisce in sé allegorie care a entrambi i paesi.
Contemporaneamente alla progettazione del pont Alexandre III, era stata disposta la costruzione di un ponte analogo anche nella capitale russa San Pietroburgo, sul fiume Neva. La prima pietra fu posta dal nuovo presidente francese Félix Faure nel 1897. E furono gli stessi francesi a occuparsi della realizzazione del ponte, intitolato alla Trinità e inaugurato nel 1903.
Il pont Alexandre III, un rompicapo per ingegneri
Al momento della progettazione, gli ingegneri incaricati della costruzione, Jean Résal e Amédée Alby, dovettero far fronte ad alcune richieste inderogabili: il committente- ovvero lo Stato- pretendeva che il nuovo ponte non ostruisse il panorama tra le due rive della Senna. La vista doveva spaziare dagli Champs Élysées fino all’Hôtel des Invalides e perciò occorreva che il pont Alexandre III fosse il più piatto possibile, ma senza ostacolare la circolazione fluviale, ben inteso.
Se la cosa poteva sembrare semplice sulla carta, nella pratica lo fu molto meno, poiché il ponte si trova a monte di una curva: bisognava quindi lasciare spazio di manovra alle chiatte che solcavano numerose la Senna. Gli ingegneri optarono, allora, per un arco unico che attraversa il fiume in tutta la sua larghezza, ben 107 metri, costruito in acciaio.
Decori, decori, decori
Il pont Alexandre III deve la sua fama anche alle tonnellate di decorazioni che lo ricoprono: 22 sculture, 32 lampioni e decine di allegorie sparse qua e là. Per riuscire a rintracciarle tutte, ci vogliono ore di intensa applicazione, oppure una serie di visite altamente motivate. Persino la base dell’arco ha i suoi decori: stelle marine e conchiglie dorate, sorvegliate da vicino da un grosso pesce in pietra, a sua volta tenuto d’occhio dalle colonnine con la salamandra, che si trovano sulla banchina. Ovviamente, per vederle bisogna scendere al livello del fiume.
I primi ornamenti a catturare lo sguardo sono però i piloni, e non solo perché sono alti diciassette metri, ma anche per i gruppi monumentali che ospitano sulla sommità: splendidi Pegaso in bronzo dorato tenuti per le briglie dalla personificazione della Fama, declinata in quattro aspetti diversi: sulla riva destra, la Fama delle Arti a monte e delle Scienze a valle, sulla riva sinistra, la Fama del Combattimento a monte e della Guerra a valle.

In realtà, i piloni non hanno solo una mera funzione decorativa, ma servono anche a compensare la spinta orizzontale della costruzione.
Alla base, poi, ci sono quattro sculture in pietra e bronzo dorato, che rappresentano la Francia in differenti periodi storici: rive droite, il Medioevo a monte e l’Età moderna a valle, rive gauche, il Rinascimento a monte e l’età di Louis XIV a valle.

Al centro del ponte, due grossi motivi in bronzo ornano la chiave di volta: a monte le Ninfe della Senna fanno da contorno allo stemma di Parigi, a valle la Neva e le sue Ninfe circondano le armi della Russia.
Quattro sculture in rame sbalzato, che rappresentano i geni delle acque con pesci e conchiglie, si trovano ai piedi delle colonne, sul parapetto.

I lampioni
Un capitolo a parte meritano i lampioni, che si fregiano a buon diritto del titolo di “più belli di Parigi”.
I quattro a cinque bracci, che si trovano agli ingressi del ponte, hanno alla base degli Amorini danzanti tra pesci e altri animali acquatici. Un po’ eccessivi, forse, ma perfettamente collocati nell’insieme.

Gli altri ventotto che, diciamolo pure, sono l’attrattiva principale, hanno sul basamento quattro decori diversi: il gallo, simbolo della Francia, lo stemma di Parigi, ovvero il vascello che naviga in acque tempestose, l’aquila a due teste, che rappresenta la Russia e il monogramma della Repubblica francese, RF.

La prossima volta che attraverserete il pont Alexandre III potrete divertirvi a giocare alla “caccia al decoro”, magari a squadre. So già, però, che non riuscirete a resistere al richiamo incessante della Senna. Vi appoggerete al parapetto con occhi sognanti e lascerete correre lo sguardo sulla Parigi più grandiosa, vanto di re e imperatori.
Questa è un po’ la maledizione del pont Alexandre III, ricco di bellezza, ma sopraffatto, suo malgrado, dalla “grandeur” della città che lo ha creato.
Del resto lo dice anche il protagonista del film di Woody Allen, Gil:
Sai a volte mi chiedo come qualcuno possa realizzare un libro, un dipinto, una sinfonia o una scultura che competa con una grande città. Non ci si riesce, ci si guarda intorno e ogni strada, ogni boulevard, sono in realtà una speciale forma d’arte. E quando qualcuno pensa che nel gelido, violento e insignificante universo esiste Parigi ed esistono queste luci… Per quanto ne sappiamo, Parigi è il posto più cool dell’universo.
E se intanto volete rivedere la scena finale del film, quella sul ponte, cliccate qui!