J’aime flâner sur les grands boulevards
Y a tant de choses, tant de choses tant de choses à voir…
Je retrouve mon petit hôtel
Ma chambre où la fenêtre donne sur un coin de ciel
D’où me parviennent comme un appel
Toutes les rumeurs, toutes les lueurs
Du monde enchanteur des grands boulevards…
Così cantava Yves Montand nella simpatica e orecchiabile canzone Les Grands Boulevards. Nonostante questo, però, non posso dirmi fan dei suddetti, i Grands Boulevards intendo, sempre piuttosto affollati e chiassosi, dove è difficile camminare per una persona che se ne sta col naso per aria, si distrae per ogni “meraviglia” che incontra per la via e ha la brutta abitudine di tentare di catturare un’atmosfera in una fotografia.
Capirete che gente di questa tipo non è la più apprezzata dalle schiere di camminatori frettolosi, che si sentono obbligati a correre per recarsi da una parte all’altra della città, perché, diciamocelo, a camminare sono bravi tutti. Perciò solitamente me ne sto alla larga e vago per strade meno frequentate assieme alle mie manie.
Però (c’è sempre un però in agguato nella mia testa) adoro i passages, quelle gallerie coperte che si aprono all’improvviso tra l’ingresso di un palazzo e quello di un ristorante, coperte da soffitti in vetro che portano il cielo in una stanza, con i pavimenti lucidi che ti invitano ad accennare qualche passo di danza, fiancheggiate da negozi, bistrot e persino hotel, le cui insegne si affollano le une contro le altre, in un’allegra confusione che allieta lo spirito.
E dalle parti dei Grands Boulevards di passages ce ne sono tanti. Ecco perché ogni tanto, quando mi va di perdermi in un’ atmosfera speciale, in una Parigi diversa, sospesa nel tempo, faccio una capatina da quelle parti, canticchiando la canzone di Montand. E non rimango mai delusa.
Uno dei passage che amo di più è il Jouffroy, al 10 di Boulevard Montmartre, pieno di piccoli negozi, alcuni un tantino stravaganti, altri alla moda, dove si possono trovare oggetti impensabili, nuovi, vecchi, un po’ ammaccati, ma tutti con un’anima e con una personalità decisa.
Il primo a essere costruito interamente in vetro e ferro, con pavimento riscaldato (un vero lusso per l’epoca) ed elementi decorativi in legno, il passage Jouffroy vide la luce nel 1846, un po’ più tardi rispetto ad altri suoi illustri parenti (qui l’articolo dedicato alla Galerie Vivienne).
La maggior parte dei passages couvertes, infatti, fu costruita nella prima metà del XIX secolo. Nacquero allo scopo di riparare dalle intemperie clienti agiati, proponendo loro un insieme eterogeneo di negozi dove fare spese. Una specie di centro commerciale ante litteram, insomma.
Attorno al 1850, Parigi contava non meno di centocinquanta passages, ma l’urbanizzazione feroce di Haussmann e la concorrenza di un nuovo genere di negozio, il grande magazzino, portò alla scomparsa della maggior parte di essi. Ne sono rimasti soltanto ventiquattro, salvati da una qualche congiuntura favorevole.
E così oggi potete entrare nel passage Jouffroy e perdervi nella Librairie du passage, specializzata in libri d’arte rari, ma che vende anche bellissime stampe, comprare una fotografia in bianco e nero di Parigi elegantemente incorniciata da Paris est une photo, spingere la porta di Pain d’ Epices e decidere che non potete fare a meno di una casa di bambola o di un orso di pezza (negozio altamente pericoloso da cui è difficile uscire senza aver comprato nulla), scegliere un minerale o un fossile per la vostra collezione da Amour de Pierres (che ha anche dei gioielli molto carini, gli accompagnatori, mariti o fidanzati, sono avvisati), visitare il museo Grévin e le sue famose statue di cera facendo finta di spaventarvi, sedervi a prendere un tè a Le Valentin, dopo aver ammirato la vetrina dei dolci per almeno un quarto d’ora cercando di sceglierne uno (meglio due), passare una notte nel delizioso Hôtel Chopin, che è lì dall’inaugurazione del passage, in una piccola stanza con vista sui tetti di Parigi o semplicemente passeggiare al riparo dalla confusione.
Questo è uno di quei luoghi dove è possibile riscoprirsi bambini, camminare a braccetto con i propri sogni e scuotersi di dosso per un po’ la patina della vita che ci ingrigisce la pelle e ci fa venire le rughe. Il posto perfetto se si è di cattivo umore. E allora, che state aspettando?
Grazie Barbara per questa bella passeggiata, ideale anche in una giornata di pioggia primaverile. Buona domenica, Elena
Grazie a te Elena, come sempre 🙂