Rue Férou è una stretta stradina che si trova tra il Jardin du Luxembourg e l’église Saint-Sulpice.
Appena centoventi metri di lunghezza e poche braccia di larghezza.
Misure che potrebbero facilmente renderla insignificante, se non fosse per il Genius loci che qui abita.

In molti hanno lasciato nella piccola rue Férou un segno del loro passaggio.
Lo si legge sui muri delle case, nelle pietre del selciato; lo racconta il vento freddo dell’inverno, che piega i rami degli alberi e affretta il passo di chi si avventura da queste parti in una giornata più propizia al caldo conforto della propria casa, che alle passeggiate en plein air.
Ma che ci volete fare, quando mi metto in testa una cosa, non c’è plaid che mi trattenga sul divano.
E mentre rabbrividisco col viso affondato nella sciarpa, penso a un altro vento, tiepido e profumato d’uva matura, che ha portato fin qui le parole di una poesia una notte di tanto tempo fa.
Le Bateau ivre
Era il 30 settembre 1871 quando il giovane Arthur Rimbaud, appena diciassettenne, declamò per la prima volta in pubblico i cento versi de Le Bateau ivre.
Lo fece nei pressi della chiesa di Saint-Sulpice, al primo piano di un palazzo all’angolo tra rue Bonaparte e rue du Vieux Colombier.
Giunto da poco a Parigi, Rimbaud era stato invitato da Paul Verlaine a una delle cene del circolo di artisti Les Vilains Bonshommes, che si riunivano periodicamente in diverse zone della città.
Caso volle che la riunione quella sera si tenesse in un café – che ora non esiste più – non lontano da rue Férou.
Da quelle parti, spirava un venticello furbo e dispettoso, che s’infilava lesto nelle vie ormai deserte, giocava con le foglie degli alberi, si divertiva ad alzare la polvere.
Attratto dalle luci, lo zefiretto si avvicinò a un locale ancora aperto, proprio mentre da una finestra aperta sfuggivano i versi di una poesia. Senza esitare, li rapì e li portò in rue Férou.
Amore al primo ascolto
Il Genius loci, che annovera lo zefiretto tra i suoi amici più cari, li ascoltò, sorrise e con uno schiocco di dita li imprigionò nelle pietre e nei muri del suo regno, perché non se ne andassero più.
Centoquarant’anni dopo, i versi sono finalmente tornati a vedere la luce del sole.
No, non mi fraintendete, il Genius loci non li ha liberati, gli piacciono troppo. Ha solo permesso loro di traslocare su un muro.
E come è successo? vi chiederete.
Ricordate il venticello furbo e dispettoso? È stato lui a portare in giro per la città un’idea, che qualcuno ha subito colto.

Una realizzazione tutta olandese
Nel 2012, l’ambasciata dei Paesi Bassi a Parigi, la fondazione Tegen-Beeld e più di duecento donatori olandesi hanno finanziato la trascrizione de Le Bateau ivre sul muro di cinta dell’Hôtel des finances (poesia e imposte, strano connubio, non vi pare?).
L’impresa è stata realizzata dal calligrafo Jan Willem Bruins, che ha scritto i versi da destra verso sinistra, seguendo la direzione del vento che li ha portati fin lì quella notte di tanto tempo fa.
Una strada dalla vocazione artistica
Ma come vi dicevo, sono stati molti gli artisti che hanno eletto rue Férou a loro domicilio. Fermatevi davanti al 2bis. Il muro sussurra delle parole…

If I’d had the nerve, I’d have become a thief or a gangster, but since I didn’t, I become a photographer
(Se ne avessi avuto il coraggio, sarei diventato un ladro o un delinquente, ma visto che non l’ho fatto, sono diventato un fotografo).
Eh sì, qui abitava un uomo molto particolare, Man Ray, che non fu solo un fotografo, ma un artista a tutto campo. Tra i protagonisti del dadaismo, espresse la sua creatività anche come pittore, regista, designer e in molti altri modi ancora, non ultima l’arte della provocazione.
Ancora poesia
Spostatevi ora al numero 4 e ascoltate. Il tono cambia, le parole sono più dolci…

Les enfants qui s’aiment s’embrassent debout
contre les portes de la nuit
et les passants qui passent les désignent du doigt
(I ragazzi che si amano si baciano in piedi contro le porte della notte e i passanti che passano li indicano col dito).
Avrete senz’altro riconosciuto i versi del poeta Jacques Prévert, cha da bambino abitava qui con la sua famiglia. Sono certa che fosse tra gli intimi del Genius Loci. Sarà stato lui a far germogliare nel giovane cuore di Jacques l’idea delle sue future poesie?
Ma aspettate, i muri parlano ancora e sono cupi pensieri quelli che scivolano tra le pietre.
Lorsqu’on regarde sa vie passée, on croit voir sur une mere déserte la trace d’un vaisseau qui a disparu
(Quando si guarda alla vita passata, si ha l’impressione di vedere su un mare deserto la traccia di un vascello scomparso).
È François-René de Chateaubriand che, al ritorno dal viaggio nelle foreste del Nord America, abitò qui per un breve periodo, prima di lasciare di nuovo Parigi, profondamente turbato dagli eccessi rivoluzionari.
Ernest e Pauline
Un po’ più avanti, al numero 6, una bella voce profonda legge qualche riga di un libro.

After you came out of the Luxembourg, you could walk down the narrow rue Férou to the place Saint-Sulpice, the quiet square with its benches and trees.
(Dopo essere usciti dal Luxembourg, si poteva camminare lungo la stretta rue Férou fino a Saint-Sulpice, la tranquilla piazza con le sue panchine e gli alberi).
Lo stile è inconfondibile, non ci si può sbagliare. In questo palazzo visse Ernest Hemingway con la seconda moglie Pauline. Fu qui che Hemingway cominciò la stesura di Addio alle armi.
Rue Férou, un libro
E parlando di libri, mi viene in mente che qualche anno fa ne ho letto uno intitolato proprio Rue Férou. Pur essendo l’autrice l’italianissima Adriana Asti, il libro è stato pubblicato prima in francese. Racconta con molta ironia le vicessitudini di una donna di cinquant’anni, Augusta, chiusa nel rassicurante universo di questa piccola via, finché un giorno il destino decide di bussare alla sua porta (il titolo in italiano è “La lettrice dei destini nascosti, ed. Piemme).
Anche Zelda e Scott Fitzgerald abitarono nello stesso palazzo di Hemingway. E se proprio la vogliamo dire tutta, al 6 rue Férou risiedeva anche un personaggio letterario, Athos, comte de la Fère, il mio preferito tra i Moschettieri del re.
Ernest Renan al numero 11, Henri Fantin-Latour al 15… potrei andare avanti ancora, ma si è fatto tardi.
È arrivato il momento di salutare rue Férou. Un’ultima occhiata a Le Bateau ivre e poi mi congedo. Ma il mio è un arrivederci. Presto tornerò a respirare quest’aria che profuma di ingegno. Chissà che non mi faccia bene…
Come sempre, con i tuoi racconti ed aneddoti, mi fai scoprire nuovi angoli di Parigi. Ogni volta che ti leggo mi viene voglia di tornare a visitare questa affascinante città. Grazie.
Grazie a te Simona, fedele lettrice di Frammenti di Parigi 🤗❤️