Se non vi ho ancora parlato di uno dei miei musei preferiti, il Musée de Cluny, un motivo c’é: è in corso di ristrutturazione e i lavori termineranno solo nel 2020.
A metà luglio, però, ne è stata riaperta una piccola parte e alcuni dei suoi capolavori sono di nuovo esposti. Primo fra tutti il mio grande amore, il motivo principale (ma non l’unico) per cui ci vado spesso: la Dama e l’unicorno.
Immagino conoscerete già il ciclo di arazzi reso famoso da un libro di Tracy Chevalier che porta lo stesso titolo, e che riveste le pareti della sala comune di Grifondoro a Hogwarts nei film di Harry Potter (se la volete rivedere cliccate qui ), ma oggi vorrei portarvi oltre il romanzo, oltre la finzione cinematografica e farvi penetrare nelle pieghe più segrete di questi ricami, che racchiudono un potente messaggio.

È indubbio che il medioevo eserciti su tutti noi una fascinazione a cui è difficile sottrarsi: dame, cavalieri, amor cortese…
Ma dietro le fragili apparenze c’è molto più di questo: un complicato linguaggio fatto di simboli, un legame profondo con la natura e la ricerca incessante del divino. Quando penso a questo, davvero non capisco da dove sia nata la definizione di “secolo buio”.
I sei pannelli che compongono il ciclo de La Dama e l’unicorno sono uno dei maggiori capolavori dell’arte di questo periodo, non solo per la raffinatezza del disegno, la ricchezza dei dettagli o la maestria degli artigiani che lo hanno tessuto, ma soprattutto per la sua grande forza espressiva e simbolica.

Nel medioevo, l’arazzo era un elemento d’arredo molto importante: serviva a isolare le pareti di una stanza dal freddo, ma mostrava anche la ricchezza del proprietario della dimora.
Realizzare un arazzo era infatti molto costoso: occorreva un pittore che preparasse il disegno, il cartone, e un atelier di tessitura che lo trasformasse in un intreccio di trama e ordito e se non sempre pittore e atelier si trovavano nella stessa città, capitava spesso che non fossero neppure nello stesso stato.
I cartoni de la Dama e l’unicorno sono stati disegnati a Parigi alla fine del XV secolo da un pittore sicuramente importante, di cui però il nome è rimasto sconosciuto, e tessuti nelle Fiandre, dove all’epoca si trovavano i migliori atelier.
Ma più ancora che disegno e tessitura, è il colore rosso dello sfondo a raccontare la ricchezza del committente: il fatto che abbia mantenuto la sua vivacità attraverso i secoli, significa che la lana e la seta della tessitura sono state tinte con un pigmento di grande qualità.
Al tempo era dalle radici della robbia dei tintori che si otteneva questo colore, detto rosso di garanza.

Ed è proprio il rosso che vi stupirà entrando nella sala dove i pannelli sono esposti: risalta nella penombra e satura l’ambiente. Ci si sente storditi, quasi sopraffatti, il cuore pieno di meraviglia. E osservando gli arazzi più da vicino, la meraviglia cresce, e con essa gli interrogativi, primo fra tutti: che cosa rappresentano?
Se lo sono chiesti a lungo anche gli studiosi, fin da quando le tessiture sono state scoperte nel 1841 allo Château de Boussac. Il loro mistero è rimasto inviolato fino al 1920, quando un medievalista inglese ha suggerito che si tratti dei cinque sensi più uno.
Si è dovuto attendere il XXI secolo perche fosse avanzata qualche ipotesi plausibile anche sul sesto pannello.

È difficile non perdersi nel fondo millefiori, popolato di piccoli animali, una poesia ricamata che ci conduce per mano nell’immaginario medievale, dove i cinque sensi permettono all’uomo di comprendere la Creazione e tracciano il percorso da seguire per elevare la propria anima.
La vista è rappresentata dall’unicorno che osserva la propria immagine riflessa in uno specchio, l’odorato dalla dama che intreccia una corona di fiori, e la stessa elegante signora suona un organo ne l’udito, mentre prende una friandise da una coppa ne il gusto e tiene le insegne del committente e accarezza il corno dell’unicorno ne il tatto.
Ma la scena che si svolge nel sesto pannello sembra essere più complessa.
À mon seul désir, così recita la frase ricamata sopra il baldacchino. La gentildonna ripone in uno scrigno la collana che porta in tutte le altre rappresentazioni, nell’atto di rinunciare ai piaceri materiali per consacrarsi all’ultimo dei sensi, il sesto, quint’essenza dei precedenti.
Si tratta di un senso interiore, attraverso il quale, secondo il filosofo Michel Serres, l’individuo può conoscere la propria vera natura.

È il senso legato al cuore che sollecita a elevarsi sopra i piaceri materiali, ma anche un omaggio all’amore più terreno, perché entrambi questi aspetti convivono armoniosamente nell’uomo realizzato.
Vi si può leggere anche l’importanza di esercitare un controllo sulla parte istintuale di noi attraverso il libero arbitrio, che rende l’uomo responsabile delle sue azioni, in uno slancio umanistico che lega la Dama e l’unicorno al secolo successivo, quello del Rinascimento.

Per riuscire nell’intento di comprendere il messaggio che l’intero ciclo de La Dama e l’unicorno veicola fino a noi uomini e donne del terzo millennio, dobbiamo resistere alla sua bellezza, che al primo incontro ci confonde e ci turba. La signora conosce bene le arti magiche e con il suo potente incantesimo ci conquista, rendendoci perdutamente innamorati.
Ma superato lo stupore iniziale, in cui i nostri occhi si perderanno nei mille deliziosi dettagli di questi arazzi, cercheranno gli animali e i fiori, si meraviglieranno dell’eleganza di abiti e acconciature, scambieranno sguardi d’intesa con il leone e contempleranno la candida bellezza dell’unicorno, potremo tornare e ritornare ancora a fare visita a questa dama medievale, che ha compreso il senso della vita e che con piacere ci racconterà senza usare le parole molte cose di noi.
E se proprio non vi riuscirà di farla parlare, provate con la parola d’ordine dei Grifondoro, caput draconis, sempre che qualcuno in vena di scherzi non l’abbia cambiata.
Quando sono stata a Parigi l’ultima volta, ormai quasi un anno fa, non era possibile visitarlo purtroppo… motivo in più per tornare al più presto ?! Grazie per avermi fatto da guida “a distanza”. Buona giornata, Elena
È sicuramente uno dei musei più belli della città e con questo nuovo restyling le opere esposte, che sono tantissime, si possono ammirare molto meglio. I lavori, però, continueranno ancora per almeno due anni, perciò avrai tempo di seguirne i progressi durante i tuoi prossimi viaggi.
Bellissima giornata anche a te Elena e grazie 🙂
Grazie, mi sono imbattuta nel tuo blog per delle lezioni di tessitura che sto creando online e la descrizione di questi arazzi mi è sembrata la migliore tra tutte quelle che sono riuscita a trovare, sicuramente molto sentita. Ti cito naturalmente nella bibliografia. Sono stata alcuni giorni a Parigi 4 o 5 anni fa e questa chicca mi era sfuggita, spero la prossima volta di vederli. Rita
Ti ringrazio davvero tanto Rita. Spero che tu possa vederlo presto questo ciclo di arazzi, perché davvero le parole non bastano a descrivere l’emozione. Un abbraccio ?