La storia di Montmartre al museo della Butte

Quando, al mattino presto, risalgo la la Butte mentre Parigi la nottambula è ancora addormentata, vago senza meta per strade strette e colorate, immerse in un silenzio pieno di pace.

Eppure non sono sola. Mi fanno compagnia i fantasmi che, come me, approfittano di questo momento fatato del giorno, in cui tutto è ancora possibile, per cullarsi nell’abbraccio della Montmartre che fu e continuare a sognare.

Corte interna del museo della Butte
La corte interna del Musée de Montmartre

Sono ciarlieri, i fantasmi. Raccontano volentieri a chi ha voglia di ascoltare la vita di Montmartre quando era solo un villaggio alle porte di Parigi, dove i mulini a vento lavoravano a pieno ritmo e i vigneti vestivano i dolci pendii e regalavano frutti pieni di promesse.

Oppure narrano di quando la Butte fu annessa alla Ville lumière, i mulini scomparvero, spazzati via dall’industrializzazione, i vigneti furono sostituiti da nuove costruzioni e la città e il progresso ebbero la meglio sulla campagna.

A dispetto di quanto è accaduto, però, se desiderate respirare la Butte di un tempo, c’è un luogo dove lo spirito indomito di Montmartre alberga ancora, un luogo protetto con amore da chi questa collina ce l’ha nel sangue e ne preserva l’anima, il Musée de Montmartre.

Insegna del Musée de Montmartre

Come spesso accade a Parigi, dove i musei non sono solo musei, mentre varchiamo la soglia del Musée de Montmartre, si ha l’impressione di essere invitati a casa di qualcuno, una casa di campagna, circondata da piccoli giardini profumati e rigogliosi, delimitati da vecchie mura un po’ scrostate.

Il museo, infatti, ha sede in alcuni degli edifici più antichi della Butte, che sembrano non essersi accorti del passare del tempo.

L’effervescenza della creazione abita tra queste mura, che furono residenza e atelier di artisti come Auguste Renoir, Suzanne Valadon, Maurice Utrillo. E non solo.

Ingresso del museo della Butte

Nell’edificio destinato alle esposizioni temporanee, l’Hôtel Demarne, aveva la sua modesta casetta le père Tanguy, il celebre mercante di colori, che fu il primo collezionista del movimento Impressionista.

Nella sua bottega di rue Clauzel, così piccola che la vetrina poteva ospitare un solo quadro per volta, gli Impressionisti avevano cominciato a esporre le loro opere. Il lunedì Sisley, il martedì Renoir, il mercoledì Pissarro, il giovedì Monet, il venerdì Bazille e il sabato Jongkind.

Père Tanguy vendeva i colori ai suoi giovani amici, spesso li regalava, perché non avevano i danari per pagarlo e offriva loro un pasto caldo quando erano troppo al verde per poter comprare da mangiare.

Era affettuosamente chiamato il Socrate di rue Clauzel, per la sua saggezza di vecchio, mentre la moglie, che non sopportava i giovinastri che si aggiravano per la bottega a comprare a credito, aveva ricevuto il poco lusinghiero nome di Santippe da Van Gogh in persona, che non la sopportava.

In una lettera al fratello Theo, Vincent scrive:

…c’etait la vieille paysanne, juste une femme comme serait madame Tanguy, au cerveau en silex ou pierre à fusil, fausse, traître…

Jardin Renoir del museo della Butte
L’Hôtel Demarne, costruito durante il Direttorio

Non si può dire che tra madame Tanguy e Vincent Van Gogh corresse buon sangue.

Ma Montmartre non era solo fame e difficoltà. Con l’arrivo degli artisti sulla Butte, fecero la loro comparsa anche i café-concerts e i cabarets. Teatro, chanson, circo e danza erano di casa qui e le tout-Paris si affrettava a risalire la collina per ascoltare Aristide Bruant o vedere danzare La Goulue, due miti che il pennello di Toulouse-Lautrec avrebbe reso immortali.

Je cherche fortune autour du Chat Noir, au clair de la lune, à Montmarte, le soir…

Così cantava Bruant al Cabaret du Chat Noir, mentre Louise Weber, meglio conosciuta come La Goulue, la golosa, infiammava i cuori esibendosi in un French Cancan al Moulin Rouge.

Locandina del Cabaret du Chat Noir
La locandina del Cabaret du Chat Noir

E intanto al 12 rue Cortot, dove ora ha sede il museo, gli artisti si dilettavano a dipingere la loro residenza. È proprio da alcuni quadri di Renoir che i giardini del museo sono stati ricreati, allo scopo di restituire a noi visitatori moderni l’atmosfera di quel periodo.

In giardino, mentre si sorseggia un tè e ci lasciamo solleticare il palato da un macaron (se volete conoscere il mio pensiero sul perfido dolcetto, click qui), seduti a un tavolo del Cafè Renoir, con la coda dell’occhio si può vedere nascosto da una siepe il maestro all’opera, in piedi davanti al suo cavalletto, l’aria pensosa.

I giardini di rue Cortot dipinti da Renoir
Renoir, Le jardin de la rue Cortot

Ma anche Susanne Valadon, che di Renoir era stata modella, dipinse i giardini a più riprese. È ancora lì, affacciata alle finestre del suo appartamento, che osserva le stagioni stendere la loro mano lieve su questo angolo di paradiso.

Il Musée de Montmartre ha ricostruito con grande sensibilità il suo appartamento-atelier. Lo ha fatto basandosi su alcune sue lettere e fotografie, a cui è seguito un meticoloso lavoro di ricerca tra antiquari e mercatini.

I giardini di rue Cortot dipinti da Suzanne Valadon
Paysage à Montmartre, le jardin de la rue Cortot- Suzanne Valadon

Penetrare in questo spazio fuori dal tempo è commovente. Si ha l’impressione che Suzanne, o il figlio Maurice, possano rientrare da un momento all’altro e sorprenderci nel loro piccolo, delizioso appartamento, oppure nell’atelier inondato di luce a curiosare tra i loro lavori.

Le collezioni del Musée de Montmartre sono tutt’altro che trascurabili, concupite da musei più importanti, che in passato hanno tentato di impadronirsene con la scusa che non erano conservate in sicurezza.

Ci sono opere di Toulouse-Lautrec, Modigliani, Kupca, Utrillo e Valadon, ma anche famose locandine, che sembrano essere state staccate un attimo prima da uno dei candidi muri della Butte.

L'atelier di Suzanne Valadon al museo della Butte
L’atelier di Suzanne Valadon

Un’intera sala è dedicata al French Cancan, un’altra mette in scena il théâtre d’ombres, che rese celebre il cabaret du Chat noir, in un’altra ancora è ricostruito un angolo di Café, che richiama subito alla mente il dipinto di Degas, l’Absinthe, o un Bar aux Folies Bergère di Manet.

Queste sale, assieme alle collezioni permanenti, sono ospitate in uno dei più antichi edifici della Butte, la Maison du Bel Air, che risale al XVII secolo. Un tipico esempio di casa di villeggiatura borghese, con il tetto di tegole brune e i lucernari in aggetto, o come si diceva, en chien assis.

La Maison du Bel Air

Passeggiando per i giardini, si scoprono angoli di fiaba, vedute inconsuete, tra cui quella sul vigneto del Clos Montmartre, celebre cru di Gamay e Pinot noir. Il vino della Butte, circa seicento bottiglie all’anno, è venduto al pubblico durante la Festa della Vendemmia, il secondo fine settimana di ottobre, in cambio di un’offerta alle associazioni caritatevoli del diciottesimo arrondissement.

Quando vi sarete stancati della folla un po’ rumorosa che invade le strade di Montmartre, potrete rifugiarvi in questo angolo tranquillo, a pochi passi dalla Basilique du Sacré-Coeur, e lasciarvi accarezzare dal sole. Qui troverete la pace di un giardino impressionista e di un piccolo, magico museo, che ha il potere di farvi viaggiare nel tempo e raccontarvi un’altra storia, una storia di vita vera e di bohème.

Veduta aerea del museo della Butte

Per avere un piccolo assaggio di cosa il Musée de Montmarte ha da offrire ai sognatori, click qui.

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