La crèmerie-restaurant Le Polidor ha aperto i battenti nel lontano 1845 in rue Monsieur le Prince, graziosa, stretta viuzza del quartiere Saint-Germain-des-Prés, e da allora non è cambiato un granché. Gli arredi, la cucina tradizionale, l’accoglienza, le toilettes…
Una breve visita ai bagni de Le Polidor può essere un’esperienza indimenticabile. E non nel senso migliore del termine.

All’inizio, Le Polidor era soprattutto una latteria. Vendeva formaggi, latte e uova, che serviva anche sotto forma di spuntino o pasto veloce alla clientela, principalmente femminile. Dal 1890 è diventato un ristorante a tutti gli effetti e oggi può vantarsi di essere uno dei più vecchi bistrot di Parigi.
Le Polidor e Woody Allen
Il nome non vi è nuovo, lo so. Woody Allen ha fatto de Le Polidor un magnifico set per Midnight in Paris, così com’è, senza cambiare nulla.
Gil, il protagonista, ci va con Scott Fitzgerald e la moglie Zelda, che glielo presentano come uno dei migliori locali di Parigi, dove preparano un whisky sour “alla dinamite”.

Incontra Ernest Hemingway (potete rivedere la scena con un clic qui), e si mettono a parlare di romanzi, di scrittori, si accordano per far leggere il lavoro di Gil a Gertrude Stein.
Gil corre a prendere il suo romanzo in albergo, ma si dimentica di chiedere a Hemingway dove si incontreranno e quando fa per rientrare nel locale, al suo posto trova una lavanderia “libre service”. Le Polidor è scomparso.
Voi, invece, potrete trovarlo al posto di sempre. Senza Hemingway, s’intende.

Oggi come allora
Appena varcata la soglia, una volta sfuggiti all’abbraccio mortale della grande tenda rossa che, come un tempo, serve a tenere fuori il freddo -una vera e propria trappola per il moderno avventore- sarete subito avvolti dallo charme di questo vecchio ragazzo, con quella sua aria un po’ fuori moda, vivace e accogliente.
L’ambiente è piccolo, i tavoli sono attaccati l’uno all’altro, le tovagliette a quadretti bianchi e rossi, l’arredamento vecchiotto e pieno di ammaccature. Vi capiterà di cenare a fianco di sconosciuti, a volte turisti, a volte parigini, di intavolare conversazioni in varie lingue, di scambiare impressioni sul cibo con gente che abita dall’altra parte del mondo.
Per me è una specie di paese dei balocchi.

Mentre affrontate un bœuf bourguignon che sembra uscito dalla cucina di Mamie, provate a chiedervi chi si è seduto prima di voi in quell’angolo del ristorante, avrete l’imbarazzo della scelta.
Frequentato da artisti squattrinati fin dalle origini, Le Polidor ha visto ai suoi tavoli Rimbaud e Verlaine, che abitava nella stessa via, e tutt’oggi la Societé des amis de Verlaine si riunisce ancora qui.
E poi Hemingway, André Gide, Paul Valery, solo per citarne alcuni, e James Joyce, che ne apprezzava molto l’omelette e si fermava per il pranzo di ritorno dalla libreria Shakespeare and Company, quella originale, giusto dietro l’angolo, in fondo alla strada (potete leggere tutto qui).

La patafisica
Ma Le Polidor è stato anche il quartier generale del Collège de Pataphysique, fondato nel 1948. Una società di ricerche colte e inutili, che ha lo scopo di promuovere lo studio della patafisica, la scienza delle soluzioni immaginarie. Almeno secondo la descrizione dei suoi membri.
La patafisica è un’invenzione dello scrittore Alfred Jarry, che ne parla per la prima volta nel romanzo Gesta e opinioni del dottor Faustroll, patafisico.
Considerata una sorta di logica dell’assurdo e una parodia della metafisica, col tempo è diventata una vera e propria corrente artistica, che ha influenzato scrittori, pittori, cineasti, filosofi e persino matematici.

E così a Le Polidor si poteva incontrare Boris Vian, Raymond Queneau, Eugène Ionesco, Jacques Prévert e un lunghissimo elenco di altri mitici personaggi, che avrebbero fatto la gioia di Gil, mia e penso anche la vostra.
Le Polidor nei romanzi e nei ricordi degli artisti
Altro lungo elenco sarebbe quello dei romanzi che hanno un po’ di Polidor nelle loro pagine. Tra tutti, Les yeux ouvertes, di Roger Leenhardt, che nel descrivere l’atmosfera di Saint-Germain-des-Prés dell’immediato dopoguerra, parla con molta tenerezza de Le Polidor.
Il grande Julio Cortazar lo usa come sfondo di un capitolo di 62, Maquette à montrer.
I fumettisti Wolinski e Cabu, il pittore e scultore Botero hanno omaggiato il livre d’or del ristorante con alcuni schizzi, lasciando un segno indelebile del loro passaggio.

Questa è l’aria che si respira a Le Polidor. È un po’ come se i vecchi muri si fossero impregnati dell’aura delle persone speciali che sono passate di qui, restituendo a chi si avventura da queste parti un po’ di magia.
Una cura di gioventù
In questo momento Le Polidor è chiuso per restauri. La direzione promette di lasciare tutto così com’è, ma di cambiare tutto. Un po’ la cosa mi preoccupa, ve lo confesso, ma spero che lo spirito rimanga lo stesso, ammaccature incluse.
Mi chiedo se il cartello che recita:
Le Polidor n’accepte plus la carte de credit depuis 1945
ci sarà ancora. A Le Polidor si paga all’antica, ma i prezzi sono ragionevoli.

Comunque, la prima cosa che andrò a controllare saranno le toilettes. Sono certa che non sentirò la mancanza di quelle vecchie.
Che luogo meraviglioso! Non lo conoscevo, la prossima volta che vengo a Parigi devo assolutamente farci un salto. Sperando ovviamente che rispettino la promessa di non cambiare niente (cambiando tutto? ?). Grazie Barbara per aver raccontato così bene questo luogo.
Questa cosa del cambiamento fa molto “Gattopardo” (Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi…), ma io ci spero sul serio. Grazie infinite a te, Simona