Quando si passeggia per il Jardin du Luxembourg, l’occhio è inevitabilmente attratto dal magnifico palazzo da cui prende il nome.
Silenzioso, imponente, il Palais du Luxembourg si lascia ammirare, ammicca sornione e solletica il nostro interesse. Lui sa che noi sappiamo cosa custodisce al suo interno, tesori inestimabili, meraviglie inaccessibili.

Purtroppo infatti, in quanto sede del Senato francese, il Palais du Luxembourg non è aperto al pubblico, a meno che non si conosca un senatore disponibile a elargire un invito.
Personalmente, però, non riesco a rassegnarmi a questa triste realtà e non posso evitare di dare una sbirciatina attraverso le finestre, da cui si vedono brillare grandi lampadari di cristallo o si scorgono soffitti in legno profusi d’oro.
E così me ne sto seduta sulla mia sedia verde salvia a immaginare la bellezza di quelle stanze pensate da una regina per rendere più dolce il suo buen retiro.

Ci sono però due giorni all’anno in cui la residenza di Maria de Medici apre le sue porte, il terzo week-end di settembre, durante le giornate europee del patrimonio.
Unica condizione, alzarsi di buon mattino e fare un po’ (a volte molta) fila. Ma se per Henri IV, augusto consorte della nostra italianissima Maria, Parigi valeva bene una messa, per noi comuni mortali il Palais du Luxembourg val bene una levataccia e un po’ di coda.
Maria, divenuta vedova, poi reggente e infine regina madre, desiderava una casetta tutta sua, lontano dal Louvre, che non amava per nulla.
Nel 1612, due anni dopo l’assassinio del marito, acquistò alle porte di Parigi un palazzo e il terreno circostante dal duca di Lussemburgo, oltre a varie altre proprietà limitrofe (una regina ha bisogno di spazio, è risaputo).
Decise di radere al suolo l’edificio esistente e di farne erigere uno nuovo, più adatto alle sue esigenze.

La costruzione del nuovo palazzo cominciò nel 1615 e si protrasse fino al 1631. La regina vi si installò nel 1625, ma vi abitò per poco tempo, perché proprio nel 1631 fu costretta all’esilio dal re suo figlio, Louis XIII, stufo degli intrighi e delle ingerenze dell’ingombrante (e non solo per la stazza) madre.
Ecco perché la nuova residenza non ha fatto in tempo a prendere il nome della nostra illustre conterranea e si è dovuta accontentare di quello del duca di Lussemburgo.
Il Palais du Luxembourg ha la pianta di un classico château francese, ma con numerose varianti richieste dall’esuberante dama fiorentina, che impose al suo architetto, Salomon de Brosse, un modello d’eccezione, palazzo Pitti, la sua casa d’infanzia.
E proprio a Pitti si ispirano le colonne del padiglione centrale e il bugnato, che caratterizza le superfici esterne.
Questa tecnica antica fu molto impiegata durante il Rinascimento italiano e nel nostro paese non si contano i palazzi dalle splendide facciate in bugnato.
In Francia, invece, all’epoca in cui Maria si costruiva il suo hermitage, era in voga il mélange di pietra e mattoni, che a Parigi ritroviamo nell’architettura delle piazze reali, la place des Vosges et la place Dauphine.
Come vi dicevo, a causa di pesanti contrasti con il figlio, che culminarono nella “journée des dupes”, Maria fu costretta a lasciare la Francia. È proprio al Palais du Luxembourg che il 10 novembre 1630 avvenne lo scontro fatale.

Maria de Medici, reggente fino al 1615, desiderava che il figlio proseguisse la sua stessa politica, che si avvaleva dell’appoggio delle forze cattoliche, mentre il cardinale Richelieu, ministro plenipotenziario di Louis XIII, spingeva il re a sostenere gli alleati protestanti e a dichiarare guerra al suocero, il re di Spagna, e al cognato, il duca di Savoia, senza tener conto dei legami familiari, ma piuttosto degli interessi dello Stato.
Maria decise allora di convocare il figlio per chiedere il licenziamento di Richelieu, ma il cardinale, informato dai suoi agenti di quanto stava per avvenire, si introdusse di soppiatto nel palazzo e fece un’entrata ad effetto nella stanza dove madre e figlio erano a colloquio.

La regina madre montò su tutte le furie, il cardinale si gettò ai suoi piedi, rassicurandola della sua lealtà e il re non si scompose più di tanto. Chiese semplicemente a Richelieu di uscire e di attendere i suoi ordini.
Apparentemente Maria sembrò vincere lo scontro e il cardinale cominciò persino a bruciare i documenti e a preparare il trasloco. Louis XIII, da parte sua, si ritirò a Versailles, dove l’indomani convocò il cardinale a cui dichiarò: “Monsieur vous avez toute ma confiance, je suis obligé plus a mon État qu’à ma mère”.
I partigiani della regina furono allontanati dalla corte e dalle posizioni di potere e alcuni addirittura si ritrovarono a tu per tu con il boia. Maria, volente o nolente, prese la via dell’esilio.
Alla sua morte, lasciò in eredità il Palais du Luxembourg al figlio prediletto, Gaston d’Orleans, fratello cadetto del re, che ne fece la sua residenza. Da quel momento non si contano i passaggi di mano di questa magnifica dimora, in un rimpallo infinito tra monarchia, repubblica e impero.
Durante l’occupazione tedesca, fu persino sede dello stato maggiore della Luftwaffe. Nel 1958, il palazzo fu definitivamente attribuito al Senato, di cui è sede ancora oggi.

Passeggiare per queste stanze sontuose è come leggere tra le pieghe della storia, respirare il vento della ribellione, marciare al suono dei tamburi, scivolare lungo le ombre degli intrighi, danzare sulla musica della libertà.
Una magnifica biblioteca apre le sue finestre sul giardino dove noi passeggiamo e la cupola che ammiriamo da fuori, vista dall’interno è un capolavoro affrescato da Delacroix, ispirato al Limbo descritto da Dante nel quarto canto dell’Inferno.

E come se non bastasse, la biblioteca ha un annesso altrettanto spettacolare, dove il soffitto sfoggia una magnifica rappresentazione dei segni zodiacali di Jacob Jordaens (talentuoso allievo di Rubens), che al centro ha dipinto il sorgere di una leggiadra Aurora.
Entrare nella sala delle conferenze splendente d’oro e vestita di rosso, con i suoi ampi volumi, è come essere invitati a un ricevimento da Napoleone III, penetrare in quella più intima del Livre d’or, invece, è sedersi a conversare con Maria de Medici ricordando la giovinezza trascorsa a Firenze o ascoltare Anna d’Austria parlare dell’educazione del futuro re Sole.

La solennità delle istituzioni è presente lungo tutto il percorso, ma raggiunge l’apice nella Salle de séances, con l’emiciclo di velluto rosso dove siedono i senatori e le statue dei legislatori che incombono sull’assemblea come monito perpetuo.
E per finire, la scala d’onore, degna di una regina, che si scende in silenzio, restii ad abbandonare il palazzo, storditi dall’eleganza, soggiogati dall’autorevolezza del luogo, ma anche dal peso della Storia di cui ripercorriamo i passi.

Ecco cosa si cela dietro le pareti inespugnabili del palazzo che tante volte mi sono fermata a contemplare da fuori, ma quello che vi ho raccontato è solo una piccola parte di ciò che potrete scoprire voi stessi e non è sufficiente a ricreare l’emozione che si prova a calpestare la soffice moquette che riveste i pavimenti.
Perciò amici miei preparatevi: il prossimo anno una nuova journée du patrimoine spalancherà le porte del Senato e il Palais du Luxembourg sarà lì ad attendervi.

Se volete vedere altre foto del palazzo, vi rimando alla pagina Facebook di Frammenti di Parigi (cliccando qui).
Per altre notizie sui giardini, invece, potete leggere alcuni articoli che ho pubblicato: Storia di una grotta che diventò fontana, Le sedie verdi del Jardin du Luxembourg, Andare a vela al Luxembourg.
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