Sono passati ormai quasi vent’anni dall’uscita del film Le fabuleux destin d’Amélie Poulain, eppure l’eco del suo successo continua ancora a risuonare per le strade di Parigi, soprattutto a Montmartre.
Ci pensavo qualche giorno fa, mentre passeggiavo per le vie de La butte sotto la pioggia, col preciso intento di non percorrere strade conosciute, ma piuttosto di perdermi tra vicoli e impasse e scoprire Montmartre da un’angolazione diversa.
Cammina, cammina, sali e scendi, sono finita davanti al Café des deux moulins e il sorridente volto di Amélie, ben in vista sulla facciata, mi ha invitato a fermarmi.

Tra un caffè e un pain au chocolat, la sosta si è prolungata e mentre mi perdevo nelle mie fantasticherie, ho pensato che l’ottimismo, la leggerezza di Amélie Poulain sono proprio quel che ci vuole in questo periodo.
Lo so, se ne è già scritto tanto, ma vorrei proporvi un tour un po’ diverso dai mille e più nati sulla scia del successo del film, anche se i luoghi saranno ovviamente gli stessi. Una passeggiata sognante, bizzarra e senza fretta, giocata sulle emozioni. Un viaggio interiore, per gustare questa città, assaporarne i piccoli dettagli e guardarla attraverso i grandi occhi scuri di Amélie. Che ne dite, andiamo?
Spot numero uno: per arrivare a Montmartre scegliete la stazione del métro di Abbesses
Decidere di scendere ad Abbesses è un po’ una scommessa con se stessi e la propria forma fisica. Essendo la stazione del métro più profonda di Parigi, le scale da salire per ritrovare la luce del sole- metaforicamente parlando, s’intende, perché piove, piove, piove- sono davvero tante. Vietato prendere l’ascensore, però. Vi perdereste tutto il décor dei muri, che crea subito la giusta atmosfera per affrontare La butte.

E per aggiungere ancora un po’ di charme, suggerirei di canticchiare qualcosa.
C’est la romance de Paris, au coin des rues elle fleurit, ça met au coeur des amoureux un peu de rêve et de ciel bleu…
(Charles Trenet, La romance de Paris)
Se questa canzone non vi piace, potete sempre accompagnare la passeggiata con La valse d’Amélie (click qui), che potete usare anche come sottofondo durante la lettura.
Spot numero 2: rue Saint Vincent
In questa pittoresca via lastricata di ciottoli, con un lungo, alto muro di pietra, ricoperto da una rigogliosa vite americana, comincia il nostro film. Un lampione tra tutti si pavoneggia, conscio della sua fama. È, senza ombra di dubbio, il più fotografato della città, specie in autunno, quando le foglie di vite si tingono di rosso e lo incorniciano come un’opera d’arte.

Qui corre l’obbligo di posare con aria sognante e anche un tantino divertita, ripensando alla svolazzante mosca blu della famiglia dei calliforidi, a cui è affidata la scena inziale. Oppure, se preferite, tornate con la mente alle fantasie di Amélie bambina, convinta che i dischi di vinile si fabbrichino come una crêpe. La foto sarà di sicuro un successo.
Spot numero tre: Le Café des deux moulins, 15 rue Lepic
Varcare la porta del Café dove lavora Amélie equivale a entrare direttamente nella pellicola. Tutto sembra essere sospeso nel tempo non tempo del film, tranne il bureau de tabac di Georgette, che non c’è più.
Sedete a uno dei tavoli e fate lentamente scorrere lo sguardo all’intorno. Gustate ogni dettaglio, dal mosaico del pavimento al bancone di zinco, inspirando il profumo di vaniglia che si spande dalla crème brulée che avete davanti. Mano ai cucchiai, è ora di rompere la crosta. Rigorosamente con la punta, però.

Spot numero 3: Au marché de la butte, 56 rue des Trois frères
Eccoci giunti davanti alla Maison Collignon, l’épicerie dove lavora il dolcissimo Lucien, sensibile amante degli ortaggi, che tratta con grande rispetto e delicatezza. Difficilmente vi sarà possibile affondare furtivamente una mano in un sacco di legumi, ma potrete apprezzare i colori della frutta e della verdura, esposti con cura in cesti di vimini.
Prima di andare, alzate lo sguardo per ammirare la stupenda marquise in vetro e ferro, che protegge la devanture del negozio e la targa in metallo proprio sopra, che recita, manco a dirlo, Maison Collignon.

Spot numero 4: la stazione del métro Lamarck-Caulaincourt
È all’ingresso di questa stazione che Amélie lascia il signore cieco, dopo averlo aiutato ad attraversare la strada e avergli dettagliatamente descritto tutto quello che accade lì intorno. Ricordate?
Beh, questa è una delle stazioni cult del métro parigino, molto instagrammabile con le sue due rampe di scale ai lati dell’ingresso e il classico lampione tondo con l’insegna métro in rosso e bianco. Lì a fianco, di solito, c’è un venditore di frutta o di caldarroste, a seconda della stagione.

Ed ecco che si avverte l’urgenza di un altro scatto epico, magari pensando alla bimba che guarda il cane che a sua volta guarda i polli in cottura davanti alla rosticceria, oppure immaginando il sapore avvolgente del gelato al calisson di Marion, o se preferite rivolgete un pensiero al cavallo dell’insegna della boucherie che ha perduto un orecchio. Effetto Amélie assicurato, meglio di un modello professionista. Sarete ricoperti di “mi piace”.
Spot numero 5: la scalinata che conduce al Sacré-Coeur
Sì, lo so, di scale ne abbiamo incontrate tante in questo nostro tour, ma questa è la scala per eccellenza, perché è qui che Amélie dà appuntamento a Nino.
Prima sosta, ovviamente, le manège, la giostra.
Rendez-vous demain 17 heures manège de Montmartre, prés de la cabine téléphonique. Munissez-vous d’une pièce de 5F.
Così recita il biglietto, o meglio la striscia di fototessera che Nino trova attaccata al suo vecchio motorino.

Impossibile ritrovare la cabina telefonica, se non in qualche museo. Vent’anni hanno cambiato molte cose, incluso il nostro modo di telefonare. E per i cinque franchi, beh, non ci servirebbero a molto ora che sono stati soppiantati dall’euro.
Un giro sulla giostra, però, lo possiamo fare, tanto per far divertire il bimbo che abita in noi e che sarà stufo della vita che gli facciamo fare. E mentre girate lentamente cavalcando un bianco destriero, lasciate andare i pensieri molesti.
Dopo essere scesi dalla giostra, suivez les flèches bleues, monsieur Quincampoix… E anche voi, come Nino, salite fino al piazzale sotto la basilica. Facilmente troverete un mimo che si esibisce, ma non vi indicherà il cannocchiale, perciò cercatelo da soli. Ancora qualche gradino, una moneta et voilà.
Non inquadrerete Amélie, ma Parigi tutta intera si dispiegherà ai vostri piedi e vi farà balzare il cuore nel petto, tanto è bella.

Da quassù, lontani dalle strade affollate, i pensieri prendono un’altra piega, tutto sembra più facile, più leggero e la vita meno angosciante.
È proprio vero, parfois il fau prendre de l’hauteur…