Vi siete mai chiesti il perché del nome di certi pasticcini francesi? Paris-Brest, Opéra, Saint-Honoré, Financier, Religieuse… Strani nomi per dei dolcetti, non trovate?
Una domanda un po’ oziosa, direte voi, ma dato che in questi giorni di confinamento di tempo ne abbiamo in abbondanza, sono andata a ficcare il naso nella storia della pasticceria francese.
Pronti per un gustoso viaggio?
Paris-Brest
Il nome, dovete ammetterlo, è alquanto singolare per un dolce. Contiene in sé una specie di ossimoro, perché unisce Brest e la Bretagna più autentica, quella senza fronzoli e concreta, alla spumeggiante Parigi.
Questa deliziosa pâte à choux ripiena di crema al burro pralinata, decorata con filetti di mandorle e zucchero a velo, si ispira a una celebre corsa ciclistica, la Paris-Brest-Paris, nata nel 1891 e considerata l’antenata del Tour de France.
La forma rotonda del dolce rappresenta, nell’intento del pasticcere che l’ha ideato, la ruota di una bicicletta.

Il pasticcere in questione è Louis Durand, abile artigiano di Maison-Lafitte, nell’Yveline. Nel 1910, a monsieur Durand fu chiesto da un famoso giornalista del tempo, Pierre Giffard, di creare un dolce che si ispirasse alla corsa ciclistica. Et voilà! L’ipercalorico pasticcino ha visto la luce, suggerendo implicitamente che, dopo averlo mangiato, si deve andare fino a Brest in bicicletta per smaltirlo.
Ancora oggi i discendenti di Durand conservano la ricetta originale, con cui preparano il loro Paris-Brest, che si è trasformato da dolce venduto a tranches in una più pratica, ahimè, monoporzione. Altri pasticceri hanno aggiunto un tocco personale, creando delle varianti, ma uno solo è il Paris-Brest di Louis Durand.
L’Opéra
Il pasticcino dall’elegante ed essenziale forma rettangolare, è composto da più strati di biscuit Joconde -un biscotto morbido al gusto di mandorla- bagnato in uno sciroppo al caffè e farcito in rigorosa alternanza con crema al burro al caffè e ganache al cioccolato, ricoperto di una glassa lucida di cioccolato nero.
E già la descrizione è tutto un programma!
In un solo morso le papille del fortunato degustatore assaporano contemporaneamente la forza del caffè, l’intensità del cioccolato e la dolcezza della mandorla. Come si fa a resistere?
Questa delizia è nata nel 1955 dall’estro creativo di Cyriaque Gavillon, chef pâtissier della Maison Dalloyau.

Il nome fu scelto in omaggio alle ballerine dell’Opéra, frequentatrici della Maison, ma c’è chi dice che il lucidissimo cioccolato di copertura ricordasse il parquet del palco dell’Opéra Garnier.
Cinque anni dopo, nel 1960, Gaston Le Nôtre inventò un Opéra tutta sua, rivendicandone la paternità. Solo nel 1988 si pose fine al contenzioso, attribuendo definitivamente a Gavillon l’idea originale di questo pasticcino. Con buona pace di Le Nôtre.
Sempre litigiosi questi francesi…
Saint-Honoré
Per trovare una spiegazione al nome di questo dolce universalmente conosciuto, bisogna fare un salto in rue Saint-Honoré, dove nel 1850 aveva sede la pasticceria più famosa di Parigi, Chiboust.
Un giovane apprendista, tale Auguste Jullien, creò una prima versione di Saint-Honoré farcendo di crema pasticcera e panna montata una brioche. Ma il dolce perdeva la sua freschezza in appena due ore, perché la brioche si impregnava troppo di crema.

Auguste non si perse d’animo e sostituì la brioche con una pasta brisée, ricoperta di piccoli choux, per una maggior tenuta della base. Dopo la cottura, aggiunse della panna montata e una glassa al caramello per gli choux, che riempì generosamente di crema Chiboust, ovvero una crema pasticcera resa più leggera da albumi montati a neve aggiunti in fase di cottura.
E a questo punto, mangerei molto volentieri una Saint-Honoré, se potessi…
Secondo alcuni, il nome del dolce fu scelto per onorare -scusate il gioco di parole- il santo patrono dei panettieri, Saint-Honoré, mentre per altri è un omaggio alla via dove è nato.
Le financier
Nel XVII secolo, a Nancy, in Lorena, le suore dell’ordine della Visitazione preparavano dei piccoli pasticcini di forma ovale con mandorle, farina, zucchero, burro e chiare d’uovo, conosciuti col nome di Visitandines.
Verso il 1890, un pasticcere parigino pensò di dare a questo dolcetto un’allure più moderna, adatta alla sua clientela.

La pasticceria Lasne, che aveva sede presso la Borsa, lanciò così una sua versione delle Visitandines. Dette loro la forma di un lingotto e le chiamò Financier, in onore dei frequentatori della sua bottega, che erano per la maggior parte uomini d’affari. I clienti apprezzarono molto questo bocconcino che si poteva mangiare senza sporcarsi le mani, decretandone il successo.
La religieuse
Fu creata nel 1855 a Parigi da un gelataio napoletano nella sua pasticceria di boulevard Montmartre, chez Frascati. Al tempo, però, aveva una forma diversa da quella che conosciamo oggi. Era un semplice quadrato di pâte à choux ripieno di crema pasticcera e decorato con panna montata.
Nel tempo, i pasticcini diventarono più rotondetti, assomigliando a un grosso chou glassato ripieno di crema pasticcera o Chiboust. Qualcuno in vena di scherzi ha poi aggiunto uno chou più piccolo a mo’ di testolina e delle volute di crema al burro tra i due choux, per imitare un colletto.

Si pensa che il nome di questi pasticcini si debba al colore della glassa, che assomigliava a quello dell’abito delle suore.
Ecco qui, adesso conosciamo il perché del nome di questi pasticcini, divenuti ormai dei classici della cucina francese. Non ci rimane che assaggiarli non appena potremo uscire di nuovo.
Un giro delle pasticcerie non me lo toglie nessuno! A piedi, ovviamente…
I tuoi articoli sono sempre pieni di curiosità interessanti. Inoltre questa volta mi hai fatto venire anche l’acquolina in bocca ?. Che voglia di tornare a Parigi ed assaggiarli tutti!
Grazie gentilissima Simona 🙂
Era da tempo che mi facevo domande ogni volta che entravo in pasticceria. Ecco, sarebbe meglio che mi facessi più domande ed entrassi meno in pasticceria, ma che ci vuoi fare…
Un abbraccio
Barbara