Il pont des Arts è senza dubbio uno dei luoghi più romantici della città. Sulla passerella di legno che risuona di mille passi, gli innamorati passeggiano mano nella mano riempiendosi gli occhi della Parigi più bella, i pittori siedono pensosi davanti ai loro cavalletti, cercando di riprodurre sulla tela le mille sfumature di cui si tinge il cielo, i fotografi si trasformano in contorsionisti pur di cogliere l’inquadratura più originale, i musicisti riempiono l’aria di note allegre o struggenti, a seconda dell’umore.

Si, par hasard
Sur l’Pont des Arts
Tu croises le vent, le vent fripon
Prudenc’, prends garde à ton jupon
Si, par hasard
Sur l’Pont des Arts
Tu croises le vent, le vent maraud
Prudent, prends garde à ton chapeau
Così cantava negli anni cinquanta George Brassens con le sue erre deliziosamente francesi, ispirato dal vento che soffia dispettoso sul pont des Arts.
Come lui, numerosi artisti hanno trovato la loro Musa in questo ponte, dove le cineprese sono di casa, a cominciare da quelle di Jean Renoir. Anche Amelie Poulain ha camminato sulla passerella con la sua aria sbarazzina in una scena de Il fantastico mondo di Amelie, uno dei miei film cult, mentre Kate Winslet, con il sottofondo musicale del meravigliosoThème de Camille di George Delerou (dal film Le Mépris di Jean-Luc Godard) correva incontro al suo innamorato in un mattino sfumato dai toni rosati per una pubblicità di Lancôme. Ricordate? L’amour est un Trésor…

E come dar loro torto? Il pont des Arts è il cuore palpitante della città. Pigramente disteso tra il Louvre e l’Institut de France, offre uno dei panorami più belli di Parigi, con una vista privilegiata sull’Île de la Cité, lo square du Vert Galant e i salici piangenti che si bagnano dolcemente nelle acque della Senna, il pont Neuf con i possenti contrafforti di pietra chiara a guardia del fiume. Dietro, i palazzi seicenteschi della place Dauphine, con la loro austera eleganza e poi le torri di Notre Dame, senza le quali Parigi non sarebbe Parigi.
Dall’altro lato, un intreccio infinito di ponti, che si perdono uno dentro l’altro, mentre lo sguardo abbraccia il Louvre fino a perdersi tra gli alberi del Jardin des Tuileries e poi lei, la più bella, la regina di Parigi, la Tour Eiffel, che al tramonto si accende di mille luci e rende ancora più magica l’atmosfera di questo ponte.
Non c’è da meravigliarsi, quindi, se i parigini si danno appuntamento qui per un aperitivo: stendono sulla passerella leggeri teli colorati, apparecchiano bicchieri, bottiglie e stuzzichini e si rilassano in compagnia, ammirando la notte che lentamente prende possesso di Parigi.

Parigini o non, penso che seduti su una delle panchine di legno al centro del ponte ci si potrebbe passare la giornata, lasciando che la bellezza ci accarezzi la pelle, si adagi lieve su di noi e poi ci afferri il cuore.
Non trovate che il pont des Arts abbia un’aria molto moderna? In realtà fu costruito nel 1804 su iniziativa dell’allora primo console Napoleone Bonaparte. L’architetto, Jean Baptiste Launay, lo pensò come un giardino sospeso sul fiume, pieno di fiori, e lo volle leggero, quasi impalpabile. Per questo motivo usò il metallo e fu una vera innovazione per i ponti di Parigi.
Il nome fu scelto per onorare il Louvre, divenuto nel 1793 il Palais des Arts, ovvero un museo nazionale, cancellando di colpo secoli di monarchia assoluta che avevano abitato le sue stanze.

Il tempo, le chiatte che continuavano a urtare i piloni e i bombardamenti della seconda guerra mondiale hanno molto provato il pont des Arts di Napoleone, tanto che, nel 1977, fu chiuso al pubblico perché poco sicuro e due anni dopo, a causa di un altro pilota di chiatte poco perito, una porzione del ponte crollò.
Nel 1980 se ne decise, ahimè, l’abbattimento e poi, per fortuna, la ricostruzione. Nel 1984 Jacques Chirac, allora sindaco di Parigi, inaugurò un nuovo ponte, quasi identico all’originale, opera dell’architetto Louis Arretche, che approfittò dell’occasione per allinearlo con il pont Neuf (pare che il ponte di Napoleone fosse un po’ sbilenco).
In seguito, altri guastatori moderni hanno attentato al pont des Arts. Mi riferisco ai fanatici dei cadenas d’amour, che sono venuti qui da tutto il mondo per giurarsi amore eterno sulle tavole del ponte, attaccando un lucchetto con le loro iniziali alla balaustra e gettando la chiave nella Senna. Non prima di aver ripreso la scena da postare sui social, però. Ah, gli inquinatori…

Se all’inizio poteva sembrare una cosa simpatica, nel tempo i lucchetti sono diventati troppo numerosi, al punto che, nel 2015, una balaustra è crollata nel fiume per il peso, sfiorando l’incidente.
La Mairie de Paris ha così deciso di porre fine a questa barbara usanza sostituendo le balaustre a griglia con pannelli di cristallo, dove è impossibile appendere qualunque qualcosa. O almeno così pareva.
Ma gli innamorati dei cadenas non si sono arresi. Se guardate bene, scoverete dei lucchetti disperatamente attaccati come patelle a uno scoglio in un giorno di libeccio alle parti in ferro delle nuove balaustre e nei più segreti pertugi dei lampioni.
E purtroppo non finisce qui. Il pont Neuf è diventato da allora il nuovo bersaglio dei lucchettomani, che arrivano persino a deturpare, anche qui, i bellissimi lampioni. Ma dico io… ci saranno modi meno incivili di dichiarare il proprio amore?

Mi chiedo che fine abbia fatto il milione di lucchetti che la Mairie ha ritirato dal pont des Arts. Quarantacinque tonnellate di metallo che meriterebbero di essere esposte in un museo, memento all’umanità social, innamorata del gesto più che della dolce metà.
Ma Parigi la romantica guarda con indulgenza agli innamorati un po’ folli e conserva per loro altri luoghi incantati dove scambiare un indimenticabile “ti amo”. A patto, però, che non ci attacchino un lucchetto.