A Montmartre tra le nebbie dello Château des brouillards

A Montmartre al mattino presto, quando le strade sono deserte, la luce è dolce e l’aria un po’ brumosa, si riesce ancora a respirare l’atmosfera tranquilla di un villaggio di campagna.

Il quartiere si sveglia pian piano e si stiracchia pigro in attesa dei suoi ammiratori, tra profumo di caffè e croissant appena sfornati, e melodie languide che sfuggono dalle finestre ancora chiuse, dietro alle quali ci si prepara ad affrontare un nuovo giorno cullati da una canzone.

Pour moi, Paris, c’est les beaux jours
Les airs légers, graves ou tendres.
Pour moi, Paris, c’est mes amours
Et mon cœur ne peut se reprendre.

Così cantava Edith Piaf in Paris, che potrebbe essere la perfetta colonna sonora per un risveglio tout en douceur (o il sottofondo musicale alla lettura di questo articolo cliccando qui).

Questo, amici, è il momento perfetto per fare una capatina dalle parti di place Dalida. Attorno al busto in bronzo dai seni lucenti della cantante non c’è anima viva, nessuno è ancora venuto a sollecitare la fortuna che si dice baci chi sfiori furtivamente i seni di questa bellissima italiana dalla vita gloriosa e al tempo stesso tragica, nata in Egitto, ma montmartroise d’adozione.

Montmartre, place Dalida

Alle spalle di Dalida, nascosto da siepi verdeggianti, alberi e fiori colorati, c’è un palazzo dall’aura misteriosa, diverso dalla maggior parte di quelli che fiancheggiano le strade di Montmartre, elegante e allo stesso tempo familiare, lo Château des brouillard.

Non si può dire che sia un vero e proprio castello, ma è piuttosto una folie, una di quelle case di vacanza alle porte di Parigi che tanto andavano di moda tra settecento e ottocento.

Qui nel XVII secolo sorgeva un mulino a vento conosciuto col nome di moulin des brouillard, che aveva una duplice funzione a seconda della stagione: vi si macinava il grano, ma nel periodo della vendemmia succosi acini d’uva, raccolta nelle vigne che ricoprivano i dolci versanti della collina di Montmartre, sostituivano i chicchi giallo sole e il mulino diventava un pressoir.

Qualche buontempone ha supposto, quindi, che le nebbie evocate nel nome abbiano più a che fare con gli effluvi del mosto piuttosto che con l’acqua delle fonti di cui la vicina rue de l’Abreuvoir era popolata e che a contatto con l’aria fredda si trasformavano in una bruma leggera.

Con le spalle allo Château des brouillards, infatti, si gode una vista magnifica sulla piccola strada, ormai priva di fontane, che serpeggia sinuosa inerpicandosi su per la collina fino alle candide cupole del Sacré Coeur, bagnate dalla luce del mattino.

rue de l'Abrevoir

Nel 1772 i proprietari del mulino, ormai caduto in rovina, lo misero in vendita assieme ai terreni circostanti. L’acquirente, Maître Legrand-Ducampjean, avvocato del parlamento di Parigi, vi fece costruire la sua folie.

Una follia ben modesta se paragonata ad altre dell’epoca, ma che comunque comprendeva un grande edificio centrale, fiancheggiato da due padiglioni quadrati e i communs (locali di servizio) gli orti e i frutteti al di là dell’attuale rue Caulaincourt. Un’estensione davvero niente male!

L’avvocato vendette la folie alla vigilia della Rivoluzione e il castello fu di nuovo avvolto dalle nebbie dell’oblio fino alla Restaurazione. Nel 1818 la proprietà fu divisa in due parti e venduta separatamente.

Nel 1850 gli edifici di servizio furono rasi al suolo per far posto ad alloggi modesti, che richiamarono a Montmartre una folla di diseredati in fuga dal centro città, ormai divenuto appannaggio dei ricchi borghesi.

A fianco delle costruzioni regolari se ne aggiunsero altre abusive, fatte di legno, argilla mista a paglia e persino cartone, che costituirono il famoso Maquis (per saperne di più vi rimando all’articolo dedicato a Villa Léandre).

Verso il 1890 lo Château des brouillards era completamente in abbandono e la zona divenne sempre più una no man land.

Nel 1902 si dette inizio alla distruzione del Maquis con la costruzione dell’avenue Junot e il castello delle nebbie fu più volte minacciato dai picconi. Nel 1922, però, lo storico Victor Perrot, presidente dell’associazione Le Vieux Montmartre, decise di acquistare la folie in rovina e di dedicare tempo e danaro a riportarla all’antico splendore, salvandola di fatto dall’abbattimento. Se non è amore questo…

Qualche anno più tardi, a causa di difficoltà economiche, Perrot dovette vendere una parte della proprietà. Da allora lavori di restauro accurati hanno ridato vita allo Château des brouillards di un tempo.

Montmartre, allée des brouillards

Il castello fu una Musa ispiratrice per gli artisti che percorrevano le vie di Montmartre e in molti dedicarono dolci parole a questa folie avvolta dalle nebbie. Per Gerard de Nerval è l’oasi di pace ideale, fatta di verde e silenzio, per Roland Dorgelès, autore nel 1932 del romanzo intitolato proprio Le Château des brouillards, è una dama elegante che nasconde il volto sotto il suo cappello d’ardesia.

Anche se nel tempo l’aspetto del quartiere è profondamente cambiato e la Bohème non abita più qui, quest’angolo di Montmartre resta uno dei più suggestivi, uno di quelli in cui è ancora possibile sedere in silenzio ad ascoltare le pietre.

E prima di ridiscendere la collina, passate a salutare le Passe-muraille incastrato in un muro non lontano da qui… di sicuro avrà molte altre storie da raccontarvi sul villaggio di Montmartre, che un giorno per sbaglio fu annesso a Parigi.

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  1. Pingback: Villa Léandre, il piccolo segreto di Montmartre | Frammenti di Parigi

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