Il musée Jacquemart-André è un elegante e sontuoso palazzo d’altri tempi, che sonnecchia un po’ in disparte sul boulevard Haussmann.
Fu la dimora di due grandi collezionisti d’arte, di cui porta il nome: Édouard André e Nélie Jacquemart.
Questa coppia di avventurosi viaggiatori ha raccolto nel corso della vita un numero esorbitante di opere di pregio, che amava presentare ad amici e conoscenti nell’Hôtel particulier fatto costruire da Édouard qualche anno prima del matrimonio.
È un museo solitamente affollato di visitatori, il che potrebbe sembrare un inconveniente fastidioso, ma ha la straordinaria capacità di conservare la tranquillità di una dimora privata, complici le luci basse -talvolta un po’ troppo basse- che trasmettono una sensazione di attesa, come se i padroni di casa si stessero riposando prima della serata danzante.
La ricchezza degli ambienti vi lascerà senza fiato e penserete che si è persino un po’ esagerato, ma per capire il motivo di tanto splendore occorre fare un passo indietro nel tempo.
Il barone Haussmann e la nuova Parigi
Nel 1860, il piano di urbanizzazione di Parigi, affidato da Napoleone III al barone Haussmann e destinato a modificare per sempre la fisionomia della città, è nel suo grand plein.
Si radono al suolo i quartieri “vecchi”, si tracciano nuovi e ampi assi rettilinei destinati alla circolazione, che vanno dalla periferia verso il centro, e le famiglie della ricca borghesia imperiale fanno a gara per costruire hôtel particulier che mostrino al grande pubblico la loro potenza economica.
Il luogo scelto per questo sfoggio di ricchezze è la piana di Monceau, un villaggio da poco annesso alla città, che corrisponde più o meno all’attuale 8ème arrondissement, dove oggi si possono ammirare i palazzi più lussuosi di Parigi.
Zola, fine conoscitore dell’epoca e inflessibile censore, a proposito di questo sperpero di danaro dirà nel romanzo La Curée:
C’est un étalage, une profusion, un écrasement de richesses.
E come dargli torto?
È per questo motivo che, nel 1869, anche Édouard André vorrà costruire un palazzo in questa zona: sceglierà un terreno rialzato, leggermente arretrato rispetto alla linea delle facciate già esistenti, creando una sorta di “rottura”, che attirerà inevitabilmente lo sguardo dei passanti. Bien joué, Édouard!
Un matrimonio ben riuscito
Nel 1872, il trentanovenne André decise di farsi fare un ritratto. Si affidò a una ritrattista di modeste origini, che riscuoteva grande successo presso l’alta borghesia, Nélie Jacquemart.
Tra loro scoccherà il colpo di fulmine, ma si sposeranno solo nove anni più tardi.
Sembravano non avere molto in comune, lui protestante e bonapartista, lei cattolica e simpatizzante realista. Nessuno avrebbe scommesso sulla loro unione, che si rivelerà, invece, un matrimonio ben riuscito.
Non avranno figli, ma si dedicheranno con amore e dedizione a quella collezione che noi possiamo ammirare ancora oggi nella loro lussuosa dimora.
Un’eredità contesa
Édouard morì prematuramente, dopo appena dodici anni di matrimonio e per Nélie cominciarono i guai.
I cugini del marito impugnarono il testamento, che faceva della vedova l’erede universale. Per fortuna, madame André riuscì a far valere i suoi diritti di fronte alla legge.
Rimasta sola, continuò ad arricchire la tanto amata collezione viaggiando per il mondo.
Alla momento della morte, nel 1912, lasciò la totalità dei suoi beni all’Institut de France (clic qui per l’articolo), con la specifica richiesta di fare della sua casa un museo aperto a tutti, non solo a studiosi ed esperti.
Nel testamento sono state trovate indicazioni sul luogo preciso in cui le opere dovevano essere esposte e la preghiera di rispettare queste decisioni. Il museo fu inaugurato nel 1913.
Al Jacquemart-André senza fretta
Entrate senza fretta. Camminando di stanza in stanza, proverete la sensazione di viaggiare a ritroso nel tempo.
Qui niente sembra essere cambiato da quando Nélie vi abitava, eppure il traffico del boulevard Haussmann è al di là delle grandi finestre.
La luce che dall’esterno penetra in questi ambienti ovattati crea ombre suggestive e suscita uno strano sentimento, qualcosa a metà tra la nostalgia e lo stupore.
Nella sala da ballo, una musica lieve scende dalla loggia fino a noi: invisibili musicisti stanno facendo le ultime prove prima del gran ballo organizzato dai padroni di casa. Vi parteciperà le tout Paris.
Sedetevi su di uno dei divanetti rossi e ascoltate quello che vi racconta l’audioguida, una delle migliori che mi sia mai capitato di trovare, compresa nel biglietto d’ingresso e per giunta in italiano, cosa rara da queste parti.
Il giardino d’inverno, dove si pavoneggia la grande scala doppia, che conduce al piano superiore, è il mio angolo preferito.
Il marmo del pavimento gioca con i colori, la luce naturale avvolge le piante in vaso, che crescono alte e rigogliose, gli specchi alle pareti moltiplicano lo spazio e le poche, eleganti statue sono un discreto richiamo all’antichità.
Da qui si accede al fumoir, dove gli uomini si ritiravano dopo cena a fumare e a parlare di politica. Non abbiate fretta, assaporate i dettagli.
Tiepolo e tanti “italiani” nella collezione Jacquemart-André
In cima alle scale, troverete un grande affresco del Tiepolo inondato dalla luce naturale. Rappresenta l’arrivo di Henri III a villa Contarini.
Sono certa che anche voi vi siederete per ammirarlo con calma, per osservarne i colori, la finezza del tratto, i particolari.
E poi entrerete nel cosiddetto Museo italiano, con le sue sale scure e i soffitti a cassettoni, in una profusione d’oro e di blu.
Vi confesso che qui mi sento un po’ soffocare e vorrei subito scappare. Ci sono, però, opere di Bellini, Botticelli e Mantegna, che non si possono trascurare.
Un po’ più avanti le sale dedicate alle esposizioni temporanee, sempre straordinarie.
Gli appartamenti privati
Il percorso museale vi condurrà di nuovo al piano terra, negli appartamenti privati dei padroni di casa: un passaggio quasi commovente nella vita di tutti i giorni di questa coppia così speciale.
Tutto diventa più semplice, a misura d’uomo, anche se straordinariamente chic.
Vi state avviando verso l’uscita: un’ultima occhiata alle porcellane da tavola e poi riguadagnerete il giardino da cui siete entrati.
Se, però, non vi sentite ancora pronti a uscire, fate una sosta al Cafè del museo, proprio a fianco dei saloni di rappresentanza.
Potrete così vedere la sala da pranzo di Édouard e Nélie, con i suoi decori principeschi, e lo farete comodamente seduti davanti a una tazza di tè e a una generosa fetta di torta, che potrete scegliere tra le tante esposte in vetrina.
E qui cominciano i problemi… ma delle torte del Jacquemart-André vi parlerò un’altra volta, perché meritano uno spazio tutto loro.
Sapete, ogni volta che vengo qui rimango incantata dalla magia che sprigiona questo luogo e penso che non ci sia posto migliore in tutta Parigi dove trascorrere un pomeriggio piovoso, al riparo dai rumori della città, immersi in un tempo non tempo, affollato dai fantasmi di un epoca di splendori.
Ogni volta scopro particolari che non avevo notato prima, ogni volta torno a casa più ricca di quando ne sono uscita.