Sono innamorata della piccola place Saint-Germain-des-Prés, con i suoi caffè dalle tende colorate, i giovani alberi che cambiano d’abito col passare delle stagioni, i marciapiedi lastricati e la fontana Wallace, che gorgoglia allegra in un angolo, ma soprattutto amo la chiesa più vecchia della città e il suo campanile squadrato, che veglia bonario sul quartiere e sui suoi piccoli tesori nascosti.
Una piazza che è un contrasto stridente con il vicino boulevard Saint-Germain, rumoroso e trafficato a ogni ora del giorno, e che per questo mi sembra ancora più preziosa, con la sua atmosfera rilassata, l’eleganza tutta parigina e quella voce silenziosa che racconta la storia di luogo simbolo della città.
La voce narrante non parla soltanto di Saint-Germain del dopoguerra, di Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir, di Prévert e delle sue poesie, di tutti gli intellettuali che sedevano al caffè Les Deux Magots, dai cui tavoli, allora come oggi, si osservava la città in movimento.
E non parla solo delle cave à jazz, dove ci si scatenava al ritmo di una musica nuova, o dello spirito ribelle e della voglia di vita che hanno reso questo quartiere il più parigino di tutta Parigi, ma racconta anche una storia più antica, la storia di un tempo in cui il giorno era ritmato dalla preghiera e le ore si chiamavano terza, sesta e nona e la Francia in divenire era guidata dai Merovingi.
In una zona posta al di fuori delle mura della città, dove i campi si stendevano a perdita d’occhio, Chidelberto I pose la prima pietra della chiesa originaria a metà del VI secolo e donò molti terreni a quella che sarebbe divenuta un’abbazia benedettina di grande importanza religiosa e culturale, sede di uno scriptorium a partire dall’XI secolo e necropoli reale fino alla costruzione della basilica di Saint-Denis.
La storia dell’église Saint-Germain-des-Prés è una storia tumultuosa, che ne ha messo a rischio la sopravvivenza più di una volta, ma lei, come una novella fenice, è sempre risorta dalle sue ceneri ed è riuscita a giungere fino a noi, seppure profondamente cambiata.
Saccheggiata più volte dai Normanni nel corso dell’IX secolo, fu completamente ricostruita a partire dall’anno 1014. Se lo stile originario era il romanico, di cui sopravvivono alcuni esempi nella parte più antica, nel tempo la chiesa ha ceduto il passo a stili più “moderni” come il gotico.
Durante la Rivoluzione divenne un deposito di salnitro, elemento fondamentale per la fabbricazione della polvere da cannone, ma che sfortunatamente non ha un buon rapporto con le vecchie pietre. La lenta azione di erosione del salnitro ha “consumato” la struttura dall’interno. Così, ancora una volta, l’église Saint-Germain-des-Prés ha rischiato di scomparire per sempre.
So che, vista da fuori, non regge il confronto con le tante belle chiese di Parigi, ma se non vi lasciate ingannare dall’aspetto spoglio e un po’ dimesso, dalla mancanza di un ingresso monumentale degno di una basilica dai trascorsi regali, dalle spigolosità sfrontate, frutto di rimaneggiamenti e persino dell’abbattimento di alcuni edifici abbaziali per la costruzione del boulevard Saint-Germain voluto dal barone Haussmann, ecco, se non vi curate di tutto questo e la guardate con occhi diversi, vi sembrerà di vedere di nuovo i tre campanili delle origini amoreggiare con le mura possenti, di camminare tra vigne e orti odorosi, di sentire il canto dei monaci a lavoro, gli antichi splendori vi conquisteranno e vi solleciteranno a spingere la porta ed entrare.
In questo momento l’interno è oggetto di un grandioso restauro e solo una parte della chiesa è accessibile al pubblico, ma che parte…
Il coro ha conservato lo stile originario, che risale al XII secolo, epoca di transizione tra romanico e gotico, così archi a tutto sesto e ogive coesistono in armonia e donano un tocco di originalità.
La galleria che sovrasta il coro è sostenuta da colonne in marmo dalle sfumature inconsuete, con capitelli decorati di teste umane, arpie e leoni, foglie e tralci di rara bellezza, che lasciano storditi.
Sulle pareti, le scene dell’Antico e Nuovo Testamento, che hanno finalmente ritrovato il loro splendore, sono opera di un allievo di Ingres, Hippolyte Flandrin, che morì prima di aver terminato la propria opera.
Alcuni amici e colleghi vollero completare il suo lavoro nel rispetto dello stile e della grande fede che aveva guidato la sua mano, donando alla chiesa dipinti intrisi di profondo misticismo.
Colonne policrome, ori e geometrie dal sapore medievale, cieli blu brillanti di stelle, la luce filtrata dalle vetrate sobrie che gioca con muri e pavimenti restituiscono a Saint-Germain-des-Prés l’atmosfera delle origini, il silenzio ovattato della casa di Dio, che risuona solo dei passi dei fedeli e delle preghiere sussurrate davanti a un crocifisso, la sacralità del rapporto tra umano e divino. Gli affanni della vita moderna, che con la sua frenesia impietosa ci allontana dalla parte più vera di noi, rimangono fuori della porta.
Ecco perché Saint-Germain-des-Prés è un luogo così speciale e se vi prenderete il tempo di sedere su una delle sue sedie impagliate lasciando vagare lo sguardo attorno a voi, gli occhi si riempiranno di bellezza e il cuore si farà leggero e quando sarà arrivato il momento di uscire, sentirete di essere più ricchi di quando siete entrati.
E per saperne di più, vi rimando a un articolo dedicato a rue de Furstemberg pubblicato qualche tempo fa.
Ah molto bello
Dhhrrhhfhrhr
Grazie infinite, Giada.