Il parc Monceau quando era il jardin du duc de Chartes

Nell’ ottavo arrondissement, al confine con la parte chic del diciassettesimo, si trova uno dei giardini più belli di Parigi, il parc Monceau. Di sicuro conoscerete questa oasi verde circondata da magnifici palazzi, alcuni dei quali hanno il privilegio di aprire i loro giardini direttamente sul parco, in una sorta di verdeggiante prolungamento ideale, come accade in campagna.

Salta subito agli occhi che il parc Monceau non è un giardino come gli altri. Con il suo ponte veneziano, il laghetto circondato da un colonnato e rovine di ogni genere suscita la curiosità di chi lo vede per la prima volta e si interroga sul perché della piramide egizia o dell’arco di pietra, di montagnole e colonne spezzate.

Per scoprirlo occorre salire sulla nostra macchina del tempo e tornare indietro di circa duecentocinquant’anni.

Giardino romantico e allo stesso tempo luogo di ritrovo per famiglie e studenti in pausa (se capitate all’ora di pranzo, non sarà facile trovare una panchina libera), il parc Monceau nacque nella seconda metà del XVIII secolo, attorno al 1770, per un capriccio del duca di Chartres, nobile rampollo degli Orleans e futuro Philippe Égalité, che tanta parte ebbe nella rovina di suo cugino il re di Francia, per poi finire come lui sotto la lama della ghigliottina.

Il duca acquistò un vasto terreno nella piana di Monceau, allora al di fuori dei confini della città, dove fece costruire un piccolo, lussuoso palazzo per sé e la sua sposa, subito soprannominato la folie de Chartes, e vi lascio immaginare il perché, circondato da un giardino all’inglese, che trasformò poi in un jardin d’illusion, una specie di parco di divertimenti per nobili annoiati, che strizzava l’occhio alla moda del tempo.

parc Monceau

Venti ettari di terreno, ben più degli otto attuali, che pure non sono una sciocchezza, in cui il pittore Louis de Carmontelle creò ambienti diversi, dei quadri viventi, che davano l’illusione al visitatore di spostarsi nello spazio e nel tempo.

C’era la campagna, con le vigne e una vera e propria fattoria completa di latteria, che di sicuro vi ricorderà l’Hameau de la Reine a Versailles. Poco più in là, invece, un mulino olandese ricreava l’ambiente rurale della terra dei tulipani, ma non mancavano un minareto, tende turche e tartare, per un tocco di esotismo e un jeu de bague ispirato al paese del sol levante, ovvero una giostra coperta da un ombrello cinese a cui erano sospese alcune lanterne con degli anelli. Al posto dei classici cavallini di legno, c’erano dei draghi. Mentre la giostra girava, i cavalieri, sporgendosi per quanto possibile dalla propria cavalcatura, cercavano di afferrare gli anelli appesi alle lanterne.

Un po’ come la codina delle giostre moderne, di cui i miei figli erano assidui frequentatori da bambini, che ricalca, sebbene molto più modestamente, il jeu de bague: chi riesce ad afferrarla durante la corsa della giostra, sporgendosi da automobili, aeroplani, tazze girevoli e altri ameni mezzi di trasporto, vince un giro gratuito e la soddisfazione di essere l’eroe del momento. Chissà quali erano i premi messi in palio dal duca…

parc Monceau

Un omaggio al rococò erano i boschetti con piccoli i padiglioni dipinti in trompe l’oeïl a imitare i marmi pregiati, gli stucchi e gli ori di cui rifulgeva Versailles al tempo di Louis XV. Qui si tenevano colazioni, riunioni, appuntamenti galanti… C’era anche una fortezza medievale in rovina con tanto di torri e ponte levatoio, che ricreava un ambiente un po’ gotico, dall’allure misteriosa, per gli amanti del genere.

parc Monceau

E per remonter les temps ancora un po’, Carmontelle immaginò anche un laghetto dove inscenare furiose battaglie navali, come si usava nell’antichità, un tempio di marmo bianco ispirato agli eroi dell’Iliade, che faceva capolino da un boschetto verdeggiante circondato da prati, manco a dirlo, all’inglese, e un tempio di Marte che aveva subito le ingiurie del tempo a bella posta.

parc Monceau

Il laghetto è lo stesso che possiamo vedere ancora oggi, circondato da un colonnato che proviene dall’antica rotonda dei Valois, voluta da Caterina de Medici per ornare la tomba del marito Henri II, a fianco della basilica di Saint-Denis, e che non fu mai terminata.

parc Monceau

La piramide che s’incontra passeggiando tra gli alberi al parc Monceau è anch’essa una delle vestigia del jardin du duc des Chartes. Faceva parte del “bosco delle tombe” ispirato all’antico Egitto.

Un tempo era ornata di colonne in granito con teste egizia a fare da capitello e circondata da altre tombe di marmo nero. Fontane in rovina e corsi d’acqua completavano la mise-en-scène, anticipando l’atmosfera melanconica dei cimiteri di età romantica, tra le cui tombe si amava passeggiare come memento mori.

In un giardino all’inglese degno di questo nome, l’acqua era un elemento essenziale. Fiumi, cascate e laghetti che ornavano il parco erano tutti artificiali, e creavano una sorta di collegamento tra i vari ambienti, tracciando un percorso ideale per i fortunati ospiti del duca di Chartes.

Il ponte veneziano e l’arco di pietra sono apporti successivi, ma la vita post rivoluzionaria del parc Monceau merita un articolo a parte: troppe sarebbero le cose da raccontare, non ultima l’aggiunta del padiglione rotondo che si trova all’ingresso del boulevard des Courcelles, dove potrete ammirare anche un’entrée du métro di Hector Guimard (per l’articolo dedicato cliccate qui). Di tutto questo parleremo un’altra volta.

E prima di concludere, una captatio benevolentiae: non me ne vogliate se le vostre prossime passeggiate al parc Monceau avranno un sapore diverso, se vi sembrerà di scorgere tra gli alberi dame eleganti al braccio di distinti signori, le loro teste vicine coperte da un grazioso parasole (rigorosamente in tinta con l’abito della signora), all’ombra del quale si sussurrano segreti o parole d’amore. A volte conoscere il passato di un luogo provoca effetti collaterali…

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