Le plus grand, le plus extraordinaire, pour ne pas dire extravagant des grands hôtels parisiens du XVIIème siècle
Bruno Foucart 1985
L’Hôtel Salé, austero e imponente hôtel particulier del Marais, è stata una delle mie prime scoperte arrivando a Parigi.
Ci incontrammo per caso un giorno di giugno. Non era stato ancora restaurato e nonostante il tempo avesse posato un velo scuro sulla pietra calcarea e sulle lastre di ardesia del tetto, mi sembrò bellissimo.
Calamitava lo sguardo di chi passava per rue Vieille du Temple. Imponeva una sosta per ammirare il rigore e l’eleganza della sua facciata, la simmetria perfetta di linee e volumi.
A stuzzicare la curiosità, poi, c’era questo appellativo inconsueto per un palazzo nobiliare, che solitamente porta il nome della famiglia che lo ha fatto costruire o che vi ha abitato per lungo tempo.
Io di hôtel “salati” non avevo mai sentito parlare.
La tassa sul sale
Ho scoperto che i parigini lo avevano soprannominato “salé” perché apparteneva a un esattore delle imposte, Pierre Aubert de Fontenay, che riscuoteva la tassa sul sale in nome del re.
Monsieur Aubert aveva fatto fortuna tra gli anni trenta e quaranta del seicento grazie a qualche manovra audace e a un matrimonio molto favorevole, che gli aveva permesso di acquistare uffici importanti. Al tempo, infatti, le cariche pubbliche erano un bene alienabile.
Raggiunto un discreto successo, decise di concedersi il lusso di un palazzo. Scelse un quartiere “emergente”, il Marais, e comprò alcuni terreni coltivati, che appartenevano all’Hôpital Saint-Gervais.
Ancora oggi ritroviamo traccia di queste “colture” nel nome di una delle vie che fiancheggiano l’Hôtel Salé, rue des Coutures Saint-Gervais, dove la parola coutures sta per cultures.
I lavori si protrassero per tre anni, dal 1656 al 1659. L’architetto Jean Boullié de Bourges assecondò le manie di grandezza del committente, costruendo qualcosa di molto vicino a uno château.
Nello stesso periodo, fervevano i lavori di costruzione di Vaux-le-Vicomte. Il castello, che servì da modello alla reggia di Versailles, urtò non poco la sensibilità del re Sole, che già da tempo pensava di liberarsi del suo potente proprietario, Nicolas Fouquet.
Fouquet era sovrintendente alle finanze del re, un uomo molto influente, che si era fatto dei nemici. Fu accusato di malversazione, arrestato e processato.
Una caduta tira l’altra ed ecco che anche Pierre Aubert, che di Fouquet era un protetto, fu costretto ad abbandonare i sogni di gloria e con essi il suo palazzo, che subì uno strano destino.
I creditori di Aubert se lo contesero per sessant’anni, poi passò di mano in mano. Tra le sue mura abitarono per lo più degli affittuari.
Inquilini illustri
Tra i più illustri affittuari, ci fu l’ambasciatore della Repubblica di Venezia.
La petite histoire racconta che una notte del febbraio 1671 l’ambasciatore dovette abbandonare in fretta e furia la sua residenza a causa di un incendio, scoppiato in un palazzo non distante.
Si ritrovò in strada, davanti all’ingresso dell’Hôtel Salé, che si trova in rue de Thorigny, assieme ai vicini in deshabillé, fuggiti anch’essi dalle loro abitazioni.
La sagace Madame de Sévigné, tra gli sfollati di quella notte, in una lettera alla figlia racconta che il signor ambasciatore in veste da camera e parrucca aveva conservato intatta tutta la dignità della Serenissima, nonostante le circostanze.
Il suo segretario, invece, aveva offerto un ben più misero spettacolo, mostrando agli astanti il petto nudo che, ahimè, non aveva un granché di eroico, ma era piuttosto bianco e grassoccio.
L’ambassadeur etait en robe de chambre et en perruque et conserva fort bien la gravité de la Serenissime; mais son secrétaire était admirable.
Vous parlez de la poitrine d’Hercule; vraiment celle-ci était bien autre chose; on la voyait tout entière.
Elle est blanche, grasse, potelée et surtout sans aucune chemise, car le cordon qui la devait attacher avait été perdu à la battaille.
Madame de Sévigné à sa fille, 20 février 1671
Il museo Picasso
Dal 1985, l’Hôtel Salé ospita il museo Picasso. La più ricca collezione al mondo di opere dell’artista, che appartengono a tutti i suoi “periodi”.
Il recente restauro ha conferito alla struttura un certo rigore. Penso che sia il luogo perfetto per fare da sfondo alle forti emozioni che Picasso riesce a suscitare. Accompagna, non si impone.
Se l’esterno del palazzo è possente e severo, infatti, gli interni non sono da meno.
La grande scala d’onore è un incanto con gli stucchi, i pieni e i vuoti degli ampi volumi, i pavimenti a scacchiera, la luce che irrompe dall’esterno, sapientemente modulata dalle grandi finestre, la balaustra in ferro battuto con motivi floreali. Si ispira alla monumentale scala della biblioteca Laurenziana a Firenze, disegnata da Michelangelo e con i suoi molteplici effetti prospettici, è senza dubbio il capolavoro del palazzo.
Ogni elemento gioca con le ombre, in un perenne rincorrersi di chiaro e scuro.
Qui niente è eccessivo, tutto è terribilmente elegante. Ogni più piccolo angolo dell’Hôtel Salé merita di essere esplorato, dalle nude cantine fino al sottotetto, punteggiato di travi scure che creano intrecci affascinanti.
Sui muri bianchi, le opere di Picasso ci accompagnano per mano lungo la sua vita, mostrando i mille volti di una personalità complessa, che ha saputo trasportare nei suoi quadri, nelle sue sculture l’immensa luce che celava nel cuore.
La magia dell’arte
Dipingere non è un’operazione estetica: è una forma di magia intesa a compiere un’opera di mediazione fra questo mondo estraneo e ostile e noi
Così la pensava il maestro e credo che sarebbe stato contento di questo museo, che dà il massimo risalto alla “magia” dell’arte.
Quando sarete sazi di bellezza, uscite nel piccolo giardino dell’Hôtel Salé, un fazzoletto verde pieno di pace.
Troverete delle sedie verdi come quelle del Jardin du Luxembourg, a “libera installazione”.
Scegliete il vostro angolo preferito e accarezzate con lo sguardo le belle linee di questo “palazzo salato”, mentre tornate col pensiero a quanto avete appena visto.
Mettete ordine tra le emozioni, attribuendo a ciascuna di esse un nome e quando sarà arrivato il momento di uscire, date un’ultima occhiata alle pietre chiare.
Non è un addio, ma solo un arrivederci.
Musée national Picasso, 5 rue de Thorigny 75003 Paris