Mentre mi muovo tra le lussuose stanze del musée Nissim-de-Camondo, ho l’impressione che al mio fianco cammini qualcuno. Non riesco a vederlo, ma percepisco la sua presenza, sento la sua voce. È una voce femminile, dolce e struggente, che mi racconta una storia. Parla di splendore e di ricchezza, di morte, di dolore.
In questo luogo il tempo si è fermato. I padroni di casa sono appena usciti, ma hanno lasciato Murcia, la dea della malinconia, a guardia della loro principesca dimora. È sua la voce che riecheggia tra le mura del museo, evocando il tragico destino degli ultimi dei Camondo.
Preparatevi, non sarà una visita senza conseguenze: l’Hôtel de Camondo vi colpirà diritto al cuore.
I Camondo
Ebrei sefarditi, i Camondo erano originari della penisola iberica. Per sfuggire all’Inquisizione, si rifugiarono in Turchia verso la fine del XV secolo.
Dopo qualche anno trascorso a Trieste, tornarono a Istanbul prima che il XVIII secolo terminasse.
Qui, nel 1802, Isaac Camondo fondò una banca, destinata a diventare una delle più importanti dell’Impero Ottomano. Alla sua morte, il comando passò al fratello, Abraham Salomon.
Degli anni trascorsi a Trieste i Camondo conservavano la cittadinanza austriaca, ma si sentivano italiani nel cuore.
Fu per questo motivo che Abraham sostenne generosamente la causa dell’unità d’Italia e accolse con grande gioia la riunificazione operata da Vittorio Emanuele II.
Il re, per ringraziarlo dell’appoggio morale ed economico, lo insignì del titolo di conte nel 1867.
I nipoti, Abraham-Behor e Nissim, che lo coadiuvavano nella gestione degli affari, decisero di trasferirsi in Francia. È quindi con un passaporto italiano e il titolo di conte, che sbarcarono in una Parigi in cui nobiltà e ricchezza erano un prezioso lasciapassare.
I rispettivi figli, Isaac e Moïse, una volta adulti, si appassionarono all’arte e divennero importanti collezionisti.
Moïse era interessato a un periodo storico ben preciso, la seconda metà del XVIII secolo. In particolare, collezionava oggetti di arte decorativa creati tra gli anni sessanta del settecento e il periodo pre-rivoluzionario.
Per dare una degna dimora alle sue collezioni, nel 1911 chiese all’architetto René Sergent di progettare un Hôtel particulier ispirato al Petit Trianon di Versailles, ma che fosse provvisto di tutti i comfort più moderni.
Edificato tra il 1911 e il 1914, l’Hôtel de Camondo, sfuggito a ogni trasformazione per volere del suo proprietario, è oggi una preziosa testimonianza del funzionamento di una ricca abitazione privata a Parigi nel primo novecento.
I due figli di Moïse, Nissim e Béatrice, che abitavano con il padre da quando i genitori avevano divorziato nel 1902, lo seguirono nella nuova dimora.
Allo scoppio della Prima Guerra mondiale, Nissim si arruolò nell’aviazione. Morì in un combattimento aereo nel 1917.
La sua scomparsa gettò la famiglia nello sconforto. Moïse decise di chiudere la banca e di dedicare il resto della propria vita alla ricostruzione di una dimora artistica del XVIII secolo. Alla sua morte, lo Stato ne sarebbe divenuto proprietario, per creare un museo in memoria di Nissim.
Moïse si spense nel 1935. L’anno seguente il museo fu aperto al pubblico.
Béatrice, ultima rimasta della famiglia, morì con il marito e i figli nel campo di concentramento di Auschwitz durante la Seconda Guerra mondiale.
Il museo
A casa Camondo ci sono alcuni dei più bei mobili ed oggetti d’arte creati durante il regno di Louis XV e Louis XVI. Le sedie del Salon turc di Madame Élisabeth (clic qui per saperne di più), l’imponente tappeto della Savonnerie che ornava la Grande Galerie du Louvre, alcuni pezzi del servizio d’argento donato da Caterina la Grande a Orloff, il suo favorito, sono solo alcuni esempi.
Boiseries, dipinti, mobili, tappeti, orologi, lampadari e porcellane arredano con eleganza le stanze, come se davvero ci trovassimo in un palazzo settecentesco. Mai niente fu più lontano del Nissim-de-Camondo dall’idea di museo.
Passione Settecento, ma con i comfort moderni
Tra le stanze più sorprendenti del musée Nissim-de-Camondo, merita senz’altro una menzione la cucina.
Il conte era un amante della buona tavola, per cui dedicò una cura particolare all’allestimento di quello che era considerato il cuore della casa.
Raffinata ed elegante, la cucina ha le pareti e il soffitto interamente rivestiti di piastrelle bianche, per facilitare la pulizia. Dotata delle attrezzature più moderne dell’epoca, vanta un monumentale girarrosto e un grande fornello centrale, entrambi in ghisa e acciaio e alimentati a carbone, che dovevano essere mantenuti caldi tutto il giorno.
Le due grandi finestre che illuminano la stanza ne garantivano l’areazione.
Poiché si trova proprio sotto la sala da pranzo, Moïse volle che fosse perfettamente isolata.
L’architetto pensò allora di inserirla in una sorta di camera stagna di cemento, in modo che gli ospiti dei Camondo non fossero infastiditi da odori o rumori molesti, oppure dall’eccessivo calore.
Anche le tre salles-de-bain erano provviste di tutti i comfort. Molto essenziali nel decoro, non indulgono al lusso, ma hanno un’allure decisamente moderna.
Con mio grande piacere, mi sono imbattuta in dei bidet, cosa praticamente impossibile da trovare a Parigi e persino in dei lava piedi.
Il fatto poi che siano, come la vasca da bagno, in gres smaltato, è una novità assoluta per un’abitazione privata.
Fino ad allora le vasche da bagno erano di ghisa smaltata e i lavabi in porcellana, incassati in mobili di legno molto elaborati, parenti stretti degli arredi da salotto.
I Camondo sono stati dei precursori della libera installazione dei lavandini, insomma, e dei civilissimi utilizzatori di bidet.
In tutto l’Hôtel ci son ben nove water, tutti dotati di uno sciacquone a pistone, che porta a buon diritto il nome di “silenzioso”.
Un percorso che è un viaggio nel tempo
Sarebbero necessarie molte altre parole per raccontarvi nei dettagli il mio girovagare per le stanze de l’Hôtel de Camondo.
Ogni volta che ci torno, ho sempre qualche nuovo motivo di stupore, qualcosa che non avevo notato prima e di cui mi innamoro perdutamente.
Tra tutte le meraviglie del museo, però, il cabinet des porcelaines è il mio preferito. Moïse de Camondo volle inserire nel progetto del suo palazzo una stanza appositamente attrezzata per esporre i pezzi di alcuni servizi da tavola Buffon, acquisiti negli anni.
George- Louis-Leclerc, conte di Buffon, era un naturalista, matematico, biologo, e molte altre cose ancora, che ebbe l’idea di commissionare ai più famosi artisti della sua epoca un’enciclopedia visuale, dipinta su servizi di porcellana di Sevres.
Al musée Nissim-de-Camondo si possono ammirare più di trecentocinquanta uccelli rari ed esotici dipinti su altrettanti raffinati pezzi della famosa manifattura reale.
I curatori del museo definiscono questa piccola stanza delle meraviglie “la voliera di porcellana” e lo stesso Moïse, che amava molto i servizi Buffon, quando era da solo si faceva servire i pasti qui, per accarezzare con gli occhi i suoi tesori.
È difficile separarsi da così tanta bellezza, ma è arrivato il momento di salutare Murcia. Scendo le scale, attraverso il vestibolo ed esco all’aria aperta. Gli occhi e le orecchie si riabituano pian piano alla Parigi di sempre, mentre a malincuore riprendo la via di casa.
Ma so già che tornerò presto.
Musée Nissim de Camondo, 63 rue de Monceau 75008 Paris
A voi sarà sufficiente un semplice clic qui per avere un poetico assaggio di cosa vi aspetta al musée Nissim-de-Camondo la prossima volta che passerete per Parigi.