La giornata è splendida, il sole caldo, il cielo sereno. Più che autunno, sembra un giorno di fine estate.
E pensare che a fine estate faceva un freddo da autunno.
I parigini ci sono abituati, ecco perché a loro non sembra strano indossare il soprabito a inizio settembre e tornare alla t-shirt a fine ottobre.
I non parigini, invece, oppongono una resistenza passiva e insistono con gli abiti leggeri anche se fuori ci sono sette gradi, perché comunque è metà settembre ed è ancora estate, come conferma il calendario.

Nel tempo ho imparato che un vero cambio armadio qui non si fa mai.
Allungo le gambe e mi stiracchio un po’. Il Jardin du Luxembourg non è troppo affollato per essere domenica. Sono riuscita a conquistare una sedia-poltrona con schienale reclinato e braccioli rivestiti in legno, la più ambita (per conoscere la storia di queste famose sedie, clicca qui).
E poiché oggi mi voglio proprio trattare bene, ho una sedia di quelle standard per appoggiare le gambe.
Mi sono messa un po’ in disparte, ma dalla mia posizione ho una vista impagabile sul Grand Bassin e il palazzo del Senato. Tiro fuori il libro dalla borsa, ma non mi metto a leggere, non subito. Prima mi scaldo un po’ al sole a occhi chiusi.
D’un tratto percepisco una certa agitazione. Riapro gli occhi. Davanti al chiosco verde alla mia sinistra si sta formando una fila variopinta di bambini. Sorrido tra me e me: deve essere quasi ora.
E infatti un attimo dopo ecco arrivare l’uomo delle barche, che spinge il suo carretto di legno a due piani, zeppo di velieri colorati.

Vele al vento
I bambini attendono pazientemente che l’uomo delle barche si sistemi.
Il primo della fila è un piccoletto di quattro, cinque anni. Biondo, paffutello, jeans e maglia azzurra, scarpe da tennis. Il papà lo sorveglia due passi più indietro. Stringe nella manina qualcosa e guarda serio davanti a sé, in un punto preciso.
Seguo lo sguardo del bimbo. Sta puntando il suo obbiettivo, il veliero pirata, il più cattivo di tutti, con le vele nere e rosse e il teschio con le spade incrociate.

Intanto l’uomo delle barche, che poi è poco più di un ragazzo, ha terminato i preparativi.
Con un sorriso guarda il bimbo biondo, che apre la manina e mostra due monete. Le fa scivolare nella mano più grande del ragazzo, pagando così l’affitto del veliero: 4€ la demi-heure.
Il ragazzo porge la barca al bambino, mentre la lunga pertica che servirà per spingerla la dà al papà.
I due si avviano verso il Grand Bassin. Il piccolo zompetta felice, stringendo il veliero tra le braccia. È troppo grande per lui, ma rifiuta l’aiuto del padre.
Il varo, però, è un’impresa superiore alle sue possibilità e il papà non sente ragioni. L’uomo appoggia a terra la pertica, prende il veliero dalle braccia del figlio e lo mette in acqua. Il bimbo saltella impaziente. Un colpetto di pertica e via, i pirati salpano col vento a favore.
Nel frattempo anche altre barche sono scese in acqua: il vascello francese, quello americano, quello della repubblica dei Cavallucci marini, di cui ignoravo l’esistenza, quello del Regno di Stella di mare, altra lacuna personale (devo proprio acquistare un atlante geografico aggiornato), e via via altri velieri, che battono bandiere di tutte le nazionalità. La regata comincia.

Mi volto verso il chioschetto verde: il carretto delle barche è vuoto e un’altra fila si sta formando.
Chiudo gli occhi e riprendo a fare l’imitazione della lucertola sul sasso al sole, che mi riesce molto bene.
Una storia lunga più di un secolo
Mi viene in mente di aver letto da qualche parte che al Jardin du Luxembourg si affittano barchette dal lontano 1881.
Nel tempo sono stati molti i concessionari di questo diritto, ma forse il più famoso è monsieur Paudeau. Nella seconda metà degli anni venti del novecento, costruiva splendidi modelli di velieri in legno nel suo atelier di rue Visconti, aiutato dalla moglie, che cuciva le vele.
Al tempo affittavano le barchette ai bambini per due soldi.

Problemi di navigazione per le vele nere e rosse
Mi cullo in questa immagine romantica, finché non mi sembra di sentire in lontananza qualcuno che piange. Guardo verso il Bassin: il bimbo biondo osserva sconsolato il veliero pirata, incagliato al centro dello specchio d’acqua, la pertica abbandonata tra le mani.
Il papà sta tornando da lui di corsa, accompagnato dall’uomo delle barche, che indossa voluminosi stivali a coscia.
Agile entra nell’acqua e si avvia lentamente verso il veliero, cercando di non essere colpito e affondato dagli altri partecipanti alla regata.
Impresa ardua: viene attaccato ripetutamente da ogni direzione, ma se la cava con abilità. Occhi ansiosi seguono la sua avanzata. Ancora pochi passi, ed ecco, è arrivato.
Afferra il battello con cautela e torna sui suoi passi. Porge al piccolo il veliero, gli sorride arruffandogli i capelli ed esce dall’acqua, gocciolando abbondantemente. L’emergenza è terminata, tutto torna alla normalità.
I pirati riprendono il largo, sicuri che il prossimo arrembaggio sarà più fortunato.
(Per approfondire la conoscenza con le vele colorate del Jardin du Luxembourg, ecco il link a un articolo di Le Parisien)
bisogna proprio esserci stati, e con dei bambini, per capire l’atmosfera sapientemente descritta nel racconto, il cui ricordo rimane per sempre.
Assolutamente da provare, anche se non si è più bambini… 🙂
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