Il pont de la Concorde, un ponte solido come una fortezza

Attraversando il pont de la Concorde, mi sono spesso domandata il perché di tanta semplicità. A Parigi esistono fior di ponti ben più appariscenti, basti pensare al vicino pont Alexandre III.

Quello della Concorde, invece, pur trovandosi al centro della città, tra l’altezzosa place de la Concorde e il palais de Bourbon, sede de l’Assemblée Nationale, è decisamente minimal style. Ci poteva stare anche qualcosa di un pochino più vistoso, non trovate?

Così, stufa di questa riflessione ormai annosa, ho dato via libera al mio alter ego, il topo di biblioteca, perché mi spiegasse il motivo di tanta sobrietà.

la Concorde

Ed ecco cosa il topo mi ha raccontato. Fino alla Rivoluzione, si poteva attraversare la Senna in questo punto di Parigi solo con l’ausilio delle chiatte, che facevano la spola tra una riva e l’altra. Piuttosto scomodo se si pensa alla quantità di merci che circolavano per la città ogni giorno.

Si sarebbe tanto voluto costruire un ponte che sostituisse le chiatte, specie dopo l’inaugurazione della piazza lì accanto (clicca qui se ti interessa la genesi di place de la Concorde), avvenuta nel 1725, ma i danari scarseggiavano e si dovette procrastinare la realizzazione del collegamento tra le due rive fino al 1787, anno in cui Louis XVI affidò alle capaci mani dell’ architetto Jean-Rodolphe Perronet il compito di progettare ed edificare il ponte.

Le finanze dello Stato, però, continuavano a fare acqua da tutte le parti e i lavori procedevano a singhiozzo. Finché un bel giorno scoppiò la Rivoluzione.

A questo punto della storia ho spalancato gli occhi e ho chiesto al topo che relazione poteva mai esserci tra la Rivoluzione e il ponte e lui, con aria furbetta, ha ribattuto sbattendomi in faccia una data: 14 luglio 1789.

Beh, non era troppo difficile, lo sanno tutti che in quella data i parigini hanno dato l’assalto alla Bastiglia. Secondo il topo questo evento nefasto per la monarchia si è rivelato invece un dies fastus per il ponte, poiché i costruttori hanno finalmente avuto a disposizione tanta materia prima, ovvero pietra da taglio, proveniente dall’abbattimento e dal successivo smantellamento dell’odiata fortezza, simbolo del potere assoluto.

E così le pietre della Bastiglia finirono sul nuovo ponte, che poté a buon diritto fregiarsi del titolo di “doppiamente rivoluzionario”: una concezione estremamente innovativa per l’epoca, unita a pietre altamente simboliche.

la Concorde

Ma questa interessante informazione, pur facendoci capire come abbia visto la luce il pont de la Concorde nonostante la cronica mancanza di soldi dello Stato, non ci dice un granché sul suo stile minimale. Il topo, però, aveva altro da raccontare.

Il ponte a cinque arcate in stile neoclassico fu terminato nel 1791 e prese il nome di pont Louis XVI. Poi gli eventi precipitarono e il nome cambiò in pont de la Révolution, seguendo di pari passo il destino della piazza, dove la ghigliottina funzionava a pieno ritmo.

Nel 1795, quando il Direttorio al governo si sforzava di far dimenticare gli orrori del Terrore, il ponte e la piazza si chiamarono place et pont de la Concorde. Per migliorare la sua allure minimalista, però, bisognò attendere l’ascesa al trono imperiale di Napoleone I, che decise di nobilitare il ponte con le statue di otto dei suoi valorosi generali.

Caduto Napoleone, la Restaurazione s’impose. Nel 1814 il ponte tornò a chiamarsi pont Louis XVI e Louis XVIII, il nuovo re, fece spodestare le statue dei generali sostituendole con ben dodici (poteva il re essere da meno dell’Imperatore?) raffigurazioni in marmo di illustri servitori dello stato distintisi durante l’Ancien Régime.

Ma i parigini prendono facilmente fuoco, si sa, per cui Louis Philippe, ultimo dei re francesi, pensò bene di togliere le effigi che celebravano ostentatamente il potere assoluto da sotto il naso dei suoi sudditi con la scusa che appesantivano troppo il ponte, rischiando di farlo crollare. Il ponte riprese poi il nome più politically correct di pont de la Concorde.

la Concorde

Ecco così spiegata la sobrietà del ponte. E bravo il mio topo!

Le statue furono riposte con cura a Versailles, ma poi presero strade diverse e ora si trovano in giro per la Francia. Almeno quelle che esistono ancora.

E ora che conoscete anche voi questa storia, non vi fa un po strano camminare sul ponte, calpestando le vestigia di un simbolo della Rivoluzione? Non è un po’ come seguire le orme della ronda di guardia e marciare sugli spalti della Bastiglia, o brandire le picche e inneggiare alla libertà sulle sue rovine? A voi la scelta…

4 Comments

    • bgcastaldo

      Elena perdona il mio ritardo nel risponderti… Grazie per la nomination. Non conoscevo il “Sunshine blogger award”, ma di sicuro il tuo blog di gioia ne ispira parecchia. Clicco sul link e provvedo a fare sapere a tutti quanto sia bello seguire il filo dei tuoi pensieri.
      A presto

  1. Pingback: C'era una volta il palais Bourbon | Frammenti di Parigi

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