Sotto i portici del Palais-Royal

Nel 1781 Louis-Sébastien Mercier nel suo Tableau de Paris scriveva: “Il Palais-Royal è un mondo a parte, un luogo unico sulla Terra. Visitate Londra, Amsterdam, Madrid, non troverete niente di simile. Un prigioniero potrebbe viverci senza annoiarsi e cominciare a sognare la libertà solo dopo parecchi anni”.

Palais-Royal

Allora i portici del Palais-Royal erano un luogo interdetto alla polizia per volere del suo proprietario, il Duca d’Orleans, un universo nel quale si muovevano a loro agio mercanti assieme a prostitute e mascalzoni, gente di mondo e semplici curiosi.

Un club esclusivo, ma anche un circolo dei vizi e dei piaceri, dove sedersi ai tavoli di un caffè sotterraneo o in bella vista a una terrasse il tempo di prendere un gelato o di gustare una cena raffinata, di assistere a uno spettacolo licenzioso o a un concerto, mentre si scambiavano pareri sulle nuove idee che cominciavano a circolare. Qui, a casa del cugino del re e precisamente nel suo jardin Égalité, scoppierà appena otto anni più tardi la Rivoluzione.

Ecco perché oggi camminare sotto i portici del palais Royal e percorrere le gallerie sonnacchiose guardando le vetrine dei negozi, che dal lontano 1781 hanno qualche volta cambiato l’insegna ma non il numero civico, equivale un po’ a fare un mini tour nei fermenti della Parigi rivoluzionaria. Che ne dite, vi va?

I portici del Palais-Royal

Prima tappa è il numero 7 della Galerie Montpensier. Sotto i portici troviamo ancora oggi il Cafè Corrazza. Frequentato da Le tout-Paris fin dal 1787, anno della sua apertura, il famoso gelataio accolse i rivoluzionari fin dai primi moti. Il club dei Bretoni e quello degli Amici della Costituzione tra questi tavoli i si fusero per dare vita ai Giacobini, che qui trascorrevano intere notti a fomentare complotti, a progettare arresti ed esecuzioni, e pare che Barras vi abbia organizzato il rovesciamento di Robespierre il 9 termidoro, ovvero il 27 luglio 1794.

Un po’ più avanti, al numero 13, c’era la librairie Gatey. Prima dello scoppio della Rivoluzione, Monsieur Gatey aveva avuto dei guai con la giustizia per la vendita di libri proibiti. Nel 1789 aveva fama di essere un tipografo-libraio simpatizzante con la monarchia: il suo negozio del Palais-Royal fu messo a ferro e fuoco dai rivoluzionari a meno di un anno dalla presa della Bastiglia. Nel 1794, dopo una perquisizione, Gatey fu arrestato e condannato a morte per la vendita di libri che contenevano idee anti rivoluzionare. Fu giustiziato il 14 aprile di quello stesso anno.

Avanziamo ancora e al numero 17 troveremo i locali di quello che fu il Cabinet de cire de Curtius. Medico e artista, Phillip Kurtz, sopranominato Curtius, aprì nel 1776 una specie di museo Grévin ante litteram. La gente faceva la fila per ammirare le statue in cera della famiglia reale a grandezza naturale, il tutto per la modica cifra di due soldi (dodici se si voleva girare liberamente tra le scene presentate). Lo scoppio della Rivoluzione gli suggerì di lasciar perdere le teste coronate e di dedicarsi piuttosto agli eroi del momento.

Curtius iniziò a quest’arte la figlia della sua cameriera, Marie Grosholz, divenuta Madame Tussaud nel 1795 in seguito al matrimonio con un ingegnere di Mâcon. Alla morte del suo mentore, Marie Tussaud emigrò in Inghilterra, dove iniziò una luminosa carriera, coronata dall’apertura di un museo delle cere di grande successo. Il nome vi dice niente?

Al numero 57 aveva sede il Café de Foy. Pare che nel 1774, grazie alla bellezza della moglie, il proprietario del caffè, tale monsieur Joussereau, avesse ottenuto il permesso del Duca d’Orleans di servire nella bella stagione gelati e bibite sotto gli ippocastani del giardino, appoggiando semplicemente i vassoi sulle sedie. Ed è proprio salendo su una di queste sedie che Camille Desmoulins il 12 luglio 1789 chiamò i parigini alle armi, esortandoli a fissare all’occhiello con una spilla una foglia di quegli stessi alberi per farsi riconoscere. Nonostante  questo mito fondatore, però, nel tempo il locale divenne un covo di realisti.

Comizio sotto i portici del Palais-Royal

Cambiamo zona e spostiamoci sotto i portici della Galerie de Valois. Al numero 113 c’era una volta un ristorante, Chez Février. Serviva pasti semplici, un po’ alla buona, senza tovaglia. Sembra che Robespierre abbia festeggiato qui la proclamazione della Repubblica il 21 settembre 1792.

Ma Chez Février è conosciuto soprattutto per essere stato teatro di una vendetta: la sera del 20 gennaio 1793, alla vigilia dell’esecuzione del re, il deputato Louis-Michel Lepeletier de Saint-Fargeau stava cenando da solo. Una delle ex guardie del corpo di Louis XVI entrò nel locale e lo apostrofò chiedendogli se era proprio lui il Lepeletier che aveva votato a favore della morte del re. Alla risposta affermativa di quest’ultimo, l’uomo gridò: Ecco allora cosa ti meriti! pugnalandolo a morte e facendo di lui il primo martire della Rivoluzione.

Assassinio di Lepeletier

Avanziamo ancora e al numero 119 troviamo la sede del Théâtre d’ombres. Nel 1784, col permesso del Duca d’Orleans, Dominique-Séraphin François aprì in questi locali un teatrino di ombre cinesi, che aveva fama di presentare spettacoli esotici e raffinati. Con lo scoppio della Rivoluzione, però, il pubblicò cambiò e gli spettacoli dovettero adattarsi alla nuova clientela, diventando di genere “erotico”. La pubblicità del locale così recitava: Puisse, messieurs, votre gaîté devenir la réalité… Sembra che la cosa abbia funzionato fino al 1860.

Spostiamoci sotto i portici della Galerie de Beaujolais al numero 103. In piena Rivoluzione qui aprì il Café des Aveugles, subito divenuto ritrovo dei Sanculotti. A lungo ci si è interrogati sull’origine del nome, il Caffè dei ciechi. Pare che si chiamasse così perché tra i suoi tavoli avvenivano cose che avrebbero offeso il pudore del più smaliziato dei gentiluomini. Meglio non guardare allora…

Café des Aveugles

In tutto questo camminare, non vi sarà certo sfuggito il Grand Vefour, ristorante très chic dagli interni favolosi e dalla cucina, pare, eccezionale (impossibile frequentarlo a meno di non essere l’Aga Khan).

Un tempo, in questi stessi locali aveva sede il Café de Chartres, che aprì i battenti nel 1784. Era frequentato da una clientela di livello che si riuniva per leggere i giornali tedeschi e inglesi o per giocare a dama e scacchi tra una consumazione e l’altra. Allora come oggi erano i prezzi alti a selezionare gli avventori. Dopo la caduta di Robespierre, divenne punto di ritrovo dell’opposizione, pronta a scagliarsi contro i giacobini che si aggiravano da queste parti.

Gioco di luce e ombre sotto i portici del Palais-Royal

Passeggiando oggi sotto i portici e in questi giardini così tranquilli, si fa  un po’ fatica a immaginarli teatro di complotti e assassini, ma se vi sedete sotto gli ippocastani forse riuscirete ancora a scorgere il profilo di Demoulins che arringa i parigini con la passione che lo contraddistingueva. In questa stagione sono poche le foglie ancora sugli alberi, ma qualcuna da appuntare sul risvolto del cappotto la troverete senz’altro.

(E se volete tornare ancora più indietro nel tempo, vi rimando all’articolo che qualche tempo fa avevo dedicato alla storia del Palais-Royal. Per leggerlo vi basterà cliccare qui).

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  1. Pingback: Il Palais Royal, un'oasi di pace dal passato turbolento | Frammenti di Parigi

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