L’orologio pubblico più antico di Parigi

L’ orologio, come recita il vocabolario, altro non è che un meccanismo per la misurazione del tempo. Dietro questa definizione, però, si nascondono sentimenti contrastanti, che hanno tutti a che fare con la vita e il modo di affrontarla di ciascuno di noi.

Horloge! dieu sinistre, effrayant, impassible,

Dont le doigt nous menace et nous dit: Souviens-toi! …

Così comincia L’Horloge di Charles Baudelaire nei Fiori del male e il resto ve lo lascio immaginare…

L’orologio, elemento indispensabile per muoverci in questo mondo, ci tiranneggia.

La torre dell'orologio e la Conciergerie
La tour de l’horloge e la Conciergerie
©Frammenti di Parigi

L’orologio più antico di Parigi

Ma le cose non sono sempre andate così, penso, lasciandomi avvolgere dal blu lapislazzuli e dall’oro del più antico orologio di Parigi.

Si dà arie da gran signore, mostra orgoglioso i ricchi decori e si vanta della vivacità dei suoi colori, che lo fanno rifulgere sulla pietra chiara della Tour de l’Horloge, alla Conciergerie.

Di fianco alla Senna e al quai de l’Horloge, giusto per rimarcare la sua presenza vecchia di secoli, proprio là dove Parigi è nata, non passa certo inosservato, anche se gioca a nascondino con le foglie di un frondoso platano, che qualche zelante cittadino avrebbe voluto abbattere.

L'orologio
©Frammenti di Parigi

Per fortuna, la bellezza della natura e la sua utilità pubblica hanno avuto la meglio, e la Mairie ha lasciato il platano lì dov’è, anche se copre un po’ il vecchio orologio.

L’invenzione del tempo

Guardo l’orologio gigante e sospiro. C’era un tempo in cui era il cielo a scandire l’ininterrotto fluire del tempo e la vita seguiva placida i ritmi della natura, senza che ci fosse bisogno di un orologio. Poi, a qualcuno venne in mente di inventare clessidre e meridiane, che garantivano certo una maggiore precisione, ma niente aggiungevano alla giornata dell’uomo comune. I semplici continuarono imperterriti a guardare il cielo. E a giusta ragione.

Nel medioevo le cose cambiarono e si avvertì l’imprescindibile esigenza di accordare i ritmi dell’intera comunità. L’ora cominciò a correre sul rintocco grave di una campana. La vita pubblica si adeguò alle cadenze precise di quella liturgica e il lavoro nei campi, nelle botteghe, e persino la giornata delle massaie, seguivano le ore canoniche dei monasteri.

IL quadrante dell'orologio
©Frammenti di Parigi

Certo non ci si alzava per il mattutino, che risuonava nel silenzio immacolato che precede l’alba. A meno che non si fosse molto devoti o, all’opposto, grandi peccatori, decisi a recitare le lodi del mattino assieme ai monaci per avere salva l’anima.

Di sicuro, però, la sveglia suonava all’ora prima, ovvero intorno alle sei e il lavoro terminava con i rintocchi dei Vespri, al tramonto.

Tutto questo conformarsi alle ore liturgiche faceva piuttosto innervosire l’amministrazione pubblica, che faticava non poco a stabilire il primato della legge dell’uomo su quella di Dio.

La nascita delle torri orologio

Fu così che si pensò di costruire delle torri dotate di un orologio meccanico, spesso associate al municipio, per regolare la giornata dei cittadini, in diretta concorrenza con le campane del Signore.

Gli orologiai, artigiani dalle mani d’oro, molto stimati all’epoca, si sbizzarrirono e gareggiarono in savoir-faire.

Ancora oggi troviamo in giro per l’Europa torri-orologio con incredibili automi che offrono un delizioso spettacolo a ogni cambio di ora.

L'orologio visto dalla Senna
©Frammenti di Parigi

Avete presente l’orologio del Vecchio Municipio di Praga, con il corteo dei dodici Apostoli e le allegorie dei quattro vizi capitali? (Se no, clic qui per uno show).

La torre dell’orologio divenne quindi un simbolo, un punto di riferimento per la cittadinanza, che poteva adeguare la propria vita all’ora del re.

Ecco dunque come si spiega la presenza del grosso orologio dalla foggia antica su un muro del palazzo di giustizia di Parigi .

Il primo orologio pubblico di Parigi

Il fatto che sembri nuovo fiammante non ci deve trarre in inganno, perché si tratta del primo orologio pubblico della città, restaurato con grande cura nel 2012.

Fu ordinato dal re Charles V attorno al 1370 per il palazzo di giustizia, che un tempo era stato la sua residenza, poi abbandonata per questioni di sicurezza.

Sconvolto dall’insurrezione del 1358 guidata da Étienne Marcel e dall’assalto della cittadinanza al palazzo reale della Cité, il prudente Charles pensò bene di andare ad abitare altrove. (Se volete saperne di più, vi rimando all’articolo dedicato allo Château de Vincennes).

Autore della delicata meccanica fu un orologiaio lorenese, Henri de Vic, che per ordine del re fu alloggiato nella torre dell’orologio affinché se ne prendesse cura. Lo stipendio pattuito fu di sei soldi parisi (antico nome dei primi abitanti di Parigi) al giorno.

L’ora del re

Tutta la città si dava appuntamento ai piedi della torre per ascoltare l’ora del re.
Si trattò di un forte segnale politico, con cui la monarchia cominciò ad affrancarsi dal potere della chiesa.

L’anno seguente, la Tour de l’horloge fu dotata di una campana in argento, i cui rintocchi celebravano la nascita e la morte dei sovrani e dei loro figli.

Per inciso, fu questa campana a dare il via alla tristemente famosa notte di San Bartolomeo, tra il 23 e il 24 agosto 1572.

Nel 1418, i cittadini, stanchi di contare i rintocchi dell’orologio per conoscere l’ora, chiesero a gran voce un quadrante esterno

pour que les habitants de la ville puissent régler leurs affaires de jour comme de nuit.

Particolare del quadrante dell'orologio
Il quadrante ©Frammenti di Parigi

In buona parte, l’aspetto dell’orologio giunto fino a noi risale proprio a quel periodo.

Tra restauri e aggiunte

Già nel 1472 il quadrante subì un importante restauro condotto da Philippe Brille.

Qualche anno più tardi, il re Henri II fece aggiungere ai lati del frontone il suo monogramma (visibile ai lati dell’iscrizione nella foto qui sopra), intrecciato a quello della reale consorte, Caterina de Medici.

O almeno così voleva far credere. Con lo stesso stratagemma grafico già utilizzato altrove, riuscì a far apparire su un’opera pubblica le sue iniziali e quelle dell’amante di sempre, Diana di Poitiers. (Per una spiegazione dettagliata, vi rimando all’articolo sulla Colonna di Caterina de Medici).

Nel 1585 il figlio Henri III, divenuto re in virtù della morte prematura dei fratelli che lo precedevano nella linea di successione, ordinò un quadrante tutto nuovo, la cui imponente cornice fu realizzata dallo scultore Germain Pilon, artista di spicco già alla corte del padre e di Caterina.

Due grandi figure allegoriche furono poste ai lati, la Giustizia e la Legge.

Le allegorie della Giustizia e della Legge
©Frammenti di Parigi

Anche Henri IV, che gli succedette al trono, volle lasciare il suo segno. Nel soffitto dell’arco che protegge il quadrante, il suo monogramma, intrecciato a quello della regina Maria de Medici, è alternato al monogramma fedigrafo di Henri II.

L’orologio fu di nuovo restaurato nel 1685.

Intemperanze rivoluzionarie

Durante la Rivoluzione i Sanculotti, che se ne andavano in giro per Parigi a prendere a martellate tutti i simboli reali, danneggiarono sensibilmente il grande orologio.

Bisognerà attendere il XIX secolo perché l’orologio del re ritrovi il suo antico splendore, grazie a M. Toussaint e ai disegni originali di Germain Pilon.

Nel restauro del 2012, invece, sono stati presi a modello i documenti relativi al restauro del 1852. Numerosi dettagli hanno ritrovato il loro posto e si possono di nuovo ammirare teste di ariete, colombe, mascheroni e cherubini, a fianco delle insegne e degli emblemi reali.

Inoltre, sotto il quadrante sono state apposte le date dei due restauri maggiori, avvenuti rispettivamente nel 1852 e nel 1909.

I versi di un poeta

Due placche, una sopra e una sotto il quadrante, risalenti a Henri III, racchiudono i versi in latino di Jean Passerat, poeta del XVI secolo.

Iscrizione nella parte alta del quadrante
©Frammenti di Parigi

Qui dedit ante duas triplicem dabit ille coronam

ovvero “Colui che gli ha già dato due corone gliene darà una terza”, poiché Henri III, che era re di Francia e di Polonia, avrebbe ricevuto da Dio la corona dei cieli. Ipotesi alquanto improbabile, poiché non era uno stinco di santo.

La placca in basso recita, invece,

Machina quae bis sex tam juste dividit horas justitiam servare monet legesque tueri

Iscrizione nella parte bassa del quadrante
©Frammenti di Parigi

che significa “Questa macchina che divide così precisamente le ore ci ricorda che bisogna osservare la giustizia e salvaguardare le leggi”. O almeno così era richiesto al popolo. Per i potenti le cose andavano diversamente.

Come abbiamo visto, sono molti quelli che hanno voluto lasciare un segno del loro passaggio terreno sull’orologio più antico di Parigi, persino i rivoluzionari, se pure a modo loro.

Ma come spesso accade, i segni più profondi sono invisibili all’occhio. E così un orologio pubblico diventa simbolo dell’eterna lotta tra Stato e Chiesa, simbolo della regalità e del potere assoluto e più filosoficamente simbolo del tempo che passa senza che l’uomo cambi mai veramente la sua natura.

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