Dietro i muri di place des Vosges

I muri simmetrici e in apparenza speculari di place des Vosges attirano immediatamente lo sguardo di chi si affaccia per la prima volta nella piazza, e senza dubbio continueranno a farlo a ogni visita successiva, perché gli avranno rubato il cuore per sempre.

È uno dei tanti effetti collaterali da tenere presenti quando decidiamo, forse con un po’ di leggerezza, di intraprendere l’esplorazione del Marais, perché dall’amore, quello viscerale, quello che non trova una spiegazione logica, non si guarisce. Parlo per esperienza.

I muri di pietra e mattoni di place des Vosges
Place des Vosges dalla mia visuale preferita

Io, che in place des Vosges ci passo molto del mio tempo libero, più o meno confortevolmente sdraiata sul mio plaid haut en couleur, che riservo esclusivamente a questo ozio contemplativo, i muri li osservo a lungo.

Come in un gioco, cerco con lo sguardo le piccole differenze, mi interrogo sulla solidità delle fondamenta quando scopro inclinazioni sospette, mi accerto del progredire dei lavori di restauro, sbircio curiosa dietro i vetri di una finestra aperta. Guardo e immagino.

Immagino la vita quotidiana dietro quei muri, ascolto un’ideale colonna sonora del passato, fatta di taffetas fruscianti, di risatine maliziose celate dietro un ventaglio, del passo pesante di stivali di cuoio, del suono metallico delle spade che contro quegli stivali sfregano. Immagino i contorni sfumati di storie che ormai sono diventate parte della Storia.

E così penso ai primi fortunati inquilini di questi eleganti Hôtel particulier. Furono, neanche a dirlo, personaggi vicini al re Henri IV, il costruttore di place Royale, primo nome della piazza, e al suo potente intendente alle finanze, il duca di Sully.

(Se volete rileggere la storia di place des Vosges, da questa parte).

Il duca, anni dopo l’assassinio del suo signore, acquistò la lussuosa dimora che potrete scoprire varcando una porta un po’ nascosta sotto le arcate (clic qui per l’articolo).

Anche se porta il suo nome, il palazzo fu costruito da Mesme Gallet, controllore alle finanze di Louis XIII, che ebbe il non trascurabile privilegio di avere un accesso privato alla piazza.

I preziosi muri dell'Hôtel de Sully
L’Hôtel de Sully

I grandi signori, fecero a gara per conquistarsi un palazzo al sole.

Rohan, Chaulnes e Richelieu presero domicilio negli edifici rosso mattone, dai tetti blu lucenti d’ardesia, facendone il luogo più alla moda di Parigi.

In place des Vosges, insomma, si muoveva il gran mondo del Grand siècle.

Al numero 1

Nell’Hôtel de Coulanges, il 5 febbraio 1626 il pianto di un neonato rallegrò i muri sonnacchiosi. Marie de Rabutin-Chantal aveva appena aperto gli occhi sul mondo nel palazzo del nonno, Philippe de Coulanges, tesoriere di Francia, che lo aveva fatto costruire nel 1607.

Nello stesso palazzo, sua madre, Marie de Coulanges, aveva sposato nel 1623 Cesle-Bénigne de Rabutin, barone di Chantal, che sarà ucciso in combattimento appena un anno dopo la nascita della sua bambina.

Nel 1633, la piccola perderà anche la madre e il nonno diverrà suo tutore fino alla morte. La tutela passerà poi allo zio, Philippe II de Coulanges, finché Marie non si sposerà.

Conosciuta come marchesa di Sévigné grazie alle nozze, Marie è considerata la più famosa épistolière di Francia. È anche grazie alla sua penna arguta se conosciamo i retroscena della corte del re Sole, che ha saputo raccontare con grande ironia.

Al numero 6

L’Hôtel de Rohan-Guéménée, oggi Maison Hugo, fu acquistato nel 1612 da Jean de Beaumanoir, maresciallo di Francia, che qualche anno prima ebbe la sfortuna di trovarsi nella carrozza di Henri IV quando il re fu pugnalato da Ravaillac, in rue de la Ferronnerie.

Victor Hugo affittò dal 1832 al 1848 l’appartamento al secondo piano. Qui scrisse le pièces Lucrezia Borgia e Ruy Blas e cominciò Les Misérables.

In omaggio a Hugo, Alexandre Dumas, nel suo romanzo I Tre Moschettieri, colloca l’abitazione della perfida Milady proprio qui, al 6 place Royale, mentre Athos, comte de la Fère, che di lei era stato il grande amore, abitava al 6 di rue Férou, non lontano dal Luxembourg. Per leggere l’articolo clic qui.

Oggi l’appartamento è diventato uno splendido museo dedicato a Victor Hugo, uno dei miei preferiti per l’atmosfera che vi si respira, l’eleganza stravagante, la passione che trasuda anche dal più piccolo soprammobile.

Al numero 12

L’Hôtel du marquis de Dangeau fu il ritrovo preferito degli uomini di lettere dal 1678 al 1694, periodo in cui Philippe de Courcillon, marchese di Dangeau, ne era il proprietario.

Il marchese, anima dei giochi a corte per la sua abilità con le carte, fu molto apprezzato da Louis XIV, che lo nominò governatore della Turenna e gli affidò alcune missioni diplomatiche presso l’Elettore Palatino.

Accademico, erudito, Dangeau tenne un diario della vita quotidiana alla corte di Versailles. Al tempo del re Sole certo non mancavano i chroniqueur.

Al numero 14

Louis Barbier de la Rivière vi abitò dal 1652 al 1673. Figlio di un sarto, fu grande elemosiniere della regina, poi ministro dello Stato e vescovo di Langres.

Fece costruire un appartamento di rappresentanza dall’architetto François Le Vau e dal pittore Charles le Brun, che in seguito avrebbe lavorato al castello di Vaux-le-Vicomte e Versailles. Il décor del cabinet doré e il soffitto della grande chambre sono stati rimontati al musée Carnavalet.

Al numero 21

Nel 1660, Armand-Jean du Plessis, duca di Richelieu e di Fronsac, governatore della città e della cittadella di Le Havre acquistò questo palazzo. Erede della grande fortuna del prozio, il cardinale Richelieu, era come l’illustre avo un grande appassionato d’arte.

Collezionò opere di Poussin, che vendette al re e che oggi si possono ammirare al Louvre e di Rubens, che per la maggior parte si trovano alla pinacoteca di Monaco di Baviera.

Suo figlio, Louis-François-Armand du Plessis, membro dell’Accademia di Francia, nel 1731 affidò a due celebri artisti dell’epoca la realizzazione di un cabinet chinois decorato con pannelli in lacca, di cui sei sono conservati al Carnavalet.

Lo scrittore Georges Simenon, affittò l’hôtel nel 1924. Fu qui che trovò il nome per il suo personaggio più celebre, il commissario Maigret. Lo prese in prestito, se così si può dire, da un vicino, il dottor Paul-Maurice Maigret, che lavorava per il laboratorio Hoffmann-La Roche, nella corte del palazzo.

E ora, amici miei, dopo tutto questo curiosare dietro i muri di questi favolosi palazzi, non vi sembra che place des Vosges sia un po’ diversa? Che abbia accresciuto ancora il suo fascino?

Non c’è niente che abbia il potere di stregarmi più dei racconti che si nascondono tra le pietre, quelli che si sussurrano, quelli che non hanno un’importanza in sé, ma che rendono tutto molto speciale, anche i vecchi muri di mattoni. E questa piazza di cose da svelarmi ne ha ancora tante…

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